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La bufera scuote l’ospedale «Stupiti? Si sapeva da tempo...»

di Davide Berti
La bufera scuote l’ospedale «Stupiti? Si sapeva da tempo...»

Il giorno dopo la notizia dell’inchiesta dei Nas di Parma, che coinvolge 63 indagati, per appalti pilotati Un altro colpo alla credibilità della struttura già coinvolta in altre quattro indagini. Medici preoccupati

30 maggio 2014
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«Lo sa qual è la cosa più grave? È che tutti fanno gli stupiti, tutti dicono che non sapevano, tutti cadono dalle nuvole. In Regione non sapevano quello che succedeva? Ma su, siamo seri… Ma Cencetti chi lo aveva fintamente promosso a Piacenza? La Regione o noi medici del Policlinico che adesso, nel momento in cui la situazione sembrava normalizzarsi, ripiombiamo nel buio? Ci siamo noi tutti i giorni coi cittadini che ci chiedono se curarsi qui è un terno al lotto…».

Telecamere e microfoni spenti «perché dobbiamo continuare a lavorare». È il giorno dopo lo scoppio della tangentopoli al Policlinico, 63 indagati per mazzette mascherate e appalti pilotati per servizi e forniture che vedono al centro dello scandalo l’ex direttore generale Stefano Cencetti. Le parole sono chiare e rimbombano con rabbia tra i corridoi segnati ancora dal terremoto.

MEDICI E MOTIVAZIONI

Nei medici, negli operatori, negli occhi dei pazienti che hanno il giornale sotto al braccio mentre entrano dall'atrio principale dimezzato dai lavori di consolidamento al blocco centrale, alla rabbia si aggiunge rassegnazione. «Porto il giornale tutti i giorni a mio marito, oggi non so come fare…», sorride amaramente una signora che ha il marito ricoverato.

Il Policlinico non è più quella casa rassicurante, per quanto possa esserlo un ospedale, dove la fiducia è alla base del rapporto medico-paziente. Si sforza di esserlo, ma è comprensibile come chi si trovi a salire le scale o a spingere il bottone di un'ascensore si senta smarrito. Sono proprio i medici che possono e devono fare la differenza. Ma ieri, girando tra i corridoi, ovviamente l'argomento era uno solo. Bastava passare dieci minuti al bar e sedersi ad un tavolo per rendersene conto: «Non se ne può veramente più» «Ma non era andato in pensione?» «Ma chi c'è finito in mezzo?» «Speriamo non ci siano medici indagati».

EVENTI AVVERSI

Il problema, adesso, è proprio questo. I dubbi vengono anche a loro. Non sulle diagnosi, non sulle cure, su quelle sappiamo di poter contare su professionisti seri. È l'uomo che vacilla, perché il medico è prima di tutto uomo, quando vede che sopra di lui tutto si sgretola in una successione di eventi che metterebbe in crisi chiunque. Gli eventi - «gli eventi avversi» come li chiamò la Regione in un'ammissione di colpa che fece venire i brividi nei giorni dello scandalo della clinica di emodinamica di Cardiologia - che in poco più di tre anni svuotano l'ospedale della città. Sono lontani i tempi di Baggiovara, in confronto le lotte intestine tra doppi primariati sembrano noccioline.

LA CRISI DI CARDIOLOGIA

La magistratura, i Nas, gli avvocati. Parole che non dovrebbero mai entrare alla voce “sanità”. La prima volta del passato recente è lo scandalo mediaticamente più ingombrante: emodinamica.

Una lettera degli Amici del Cuore evidenzia complicanze nelle tecniche utilizzate. Emergono dodici decessi e l'associazione, che fece scoppiare il caso, puntò il dito anche sulle sperimentazioni e il sistema che le regolava. È il caso che manda in tilt il sistema. Si aprono le indagini, tra sospensioni, reintegri, ospedale e università che faticano a prendere posizioni chiare, fino al novembre 2012: nove medici arrestati, per dodici aziende di attrezzature sanitarie il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione. È lo scandalo “Camici sporchi” che coinvolge la professoressa Maria Grazia Modena, cardiologa tra le più note in Italia che aveva fatto del Policlinico un punto di eccellenza prima che il castello delle finte onlus alimentate da soldi pubblici crollasse. Ora il reparto è nuovo, inaugurato poco più di un mese fa.

IL CASO DERMATOLOGIA

Nas anche pochi mesi dopo. Questa volta siamo a Dermatologia. Passa qualche mese, a settembre del 2011 i Nas arrivano a dermatologia. È il caso della professoressa Stefania Seidenari, “costretta” a lasciare il suo incarico nella sanità pubblica dopo che i carabinieri le imputano un palese conflitto di interessi in qualità di titolare del pacchetto azionario di maggioranza dell'ambulatorio privato SkinCenter, ambulatorio convenzionato col Policlinico stesso.

SIGILLI AL COM

Usciamo dall'atrio principale, due passi davanti al vecchio Pronto Soccorso, verso il Com, il Centro Oncologico Modenese dove arrivano da tutta Italia per curarsi.

È uno dei reparti più “scomodi”, scomodi nel senso più umano del termine, perché lì si sentono spesso le storie più tristi. Ma non bastano queste, il 30 novembre 2012 ancora la parola Nas, che mettono sotto sequestro quattro uffici del Centro Oncologico Modenese, posti i sigilli a migliaia di documenti, armadi interi contenenti informazioni sulle specializzazioni. Una denuncia partita dall'interno del Policlinico e dell'università, che informa direttamente la procura. Comincia lo sciopero della fame di Federico, una guerra di carte e denunce, con Modena che oggi deve fare a meno dell'oncologo fondatore del Com, che per alcuni mesi si è trasferito in Puglia.

CROLLO E CANTIERI

A guardarsi intorno il Policlinico è tutto un cantiere, ce ne sono venti attivi. Uno è rimasto anche sotto sequestro. È quello della palazzina ex Diagnosi e Cura, crollata nell'aprile 2013. Solo per pura casualità non ci furono vittime. Lo stato della palazzina era noto da tempo, in disuso da quattro anni.

L'ultimo tassello di una serie di vicende giudiziarie è proprio quello che ha fatto scattare la molla delle indagini che si sono concretizzate mercoledì, che mettono insieme acquisti di farmaci e manutenzione, aziende del biomedicale e cooperative del ramo edile e dei servizi. Tutte nello stesso sistema.

Tutto questo è l'immagine di ciò che il Policlinico è stato in questi anni, un ospedale precario con medici motivati a tal punto dal non voler essere assimilati a quel sistema. Medici, oltre 250, la quasi totalità, che arrivarono a scrivere, firmandosi come “aborigeni in difesa della propria terra”, che la direzione dell'ospedale era da rivedere. Quella terra trasformata in campo minato, dove oggi muoversi è difficile.

Se ne erano accorti i medici, oggi ci sono le indagini. Sarebbe carino che nessuno facesse finta, come si dice a Modena, di “cadere dal pero”.

@dvdberti

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