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Femia, boss delle slot minaccia e accusa: spariti 500mila euro

Femia, boss delle slot minaccia e accusa: spariti 500mila euro

Nel mirino dell’uomo, ritenuto il capo dell’organizzazione, la Guardia di Finanza e ancora il giornalista Giovanni Tizian

31 maggio 2014
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Nicola Femia, il boss dello slot machine a processo, torna a parlare. Il presunto boss della ’ndrangheta, che deve rispondere anche di associazione mafiosa, già nell'udienza di due settimane fa aveva detto di essere in carcere per colpa di un giornalista, riferendosi a Giovanni Tizian: “Il giornalista sbaglia, il giornalista deve pagare” era stata la minaccia.

Ieri Femia è tornato a lamentarsi della "gogna mediatica" a cui sarebbe sottoposto, nominando stavolta direttamente il giornalista che scrisse sulla “Gazzetta di Modena” dei suoi affari. Proprio nei confronti di Tizian un sodale di Femia, il faccendiere Guido Torello anche lui imputato nel processo "Black Monkey", pronunciò in un'intercettazione pesanti minacce (“Gli sparo in bocca”) che convinsero gli inquirenti a mettere il giornalista sotto scorta. Tizian, tra l'altro, che è parte civile nel processo, sarà sentito come teste dell'accusa in una delle prossime udienze.

Ieri però Femia, nel corso di dichiarazioni spontanee, si è anche lamentato di come sono stati effettuati i sequestri della Guardia di Finanza ai suoi beni e ha denunciato la scomparsa di 500mila euro in gettoni per le slot machine. Non solo: ha spiegato che il curatore nominato per amministrare quanto sequestrato, ha preso in carico le 500 slot a cui erano stati messi i sigilli in ritardo, e questo ha provocato il blocco del software delle macchinette che ora sono praticamente inservibili.

Anche quella di ieri è stata un'udienza a cui ha assistito un pubblico numeroso, per lo più attivisti di Libera. Tra di loro anche il giallista bolognese Carlo Lucarelli e il presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti (che si è costituito parte civile) Enzo Iacopino.

Al termine dell'udienza c’è stata una discussione accesa tra due cronisti (Lirio Abbate dell'Espresso e Attilio Bolzoni di Repubblica), i legali di Nicola Femia, imputato e detenuto, e alcuni familiari dell'uomo. I giornalisti hanno chiesto espressamente al legale e al figlio di Femia di chiedere all'uomo di ritirare le accuse rivolte a Giovanni Tizian e di chiedere scusa in aula. Una posizione non condivisa dai familiari e dall'avvocato.

Per quanto riguarda Tizian, che ieri non era presente in aula a Bologna, sarà chiamato a testimoniare e si troverà di fronte Nicola “Rocco” Femia, di cui aveva descritto la rete affaristica basata sul gioco d’azzardo, un settore in cui crescevano gli appetiti delle organizzazioni mafiose.