Io, l’ultima scorta a Biagi non dimentico quei giorni
«Era un piacere starlo ad ascoltare, amava mangiare da Ermes e passeggiare Sapevamo che era un bersaglio... Ma tutte le decisioni erano prese a Roma...»
«Marco Biagi per me era un modello di uomo; non solo il docente universitario che io e i miei colleghi dovevamo scortare. Era una persona riservata, di quelle che amano stare nell'ombra, lontane dai riflettori, un uomo affascinante e profondo, ma alla fine della sua giornata in facoltà trovavamo sempre il tempo per fare due chiacchiere o fumare un sigaro insieme, una grande passione che ci univa. La sua scomparsa è stata un fatto molto doloroso, avvenuto poco tempo dopo la revoca della scorta arrivata in Questura con una comunicazione dal Viminale».
Giuseppe Zaccaria, per gli amici ed ex colleghi Pino o anche Zac, uno dei più famosi poliziotti che hanno operato a Modena, un investigatore che vanta una lunga carriera, al centro di indagini di primo piano, è stato a capo dell'ultima scorta assegnata al giuslavorista ucciso dalle Br.
LA NUOVA
INCHIESTA
Si parla della scorta modenese, si intende, dato che allora era a capo della Digos della Questura: Biagi insegnava alla Facoltà di Economia di viale Berengario. Scorta che si alternava a quella di Bologna. E che insieme formavano quel corpo di agenti armati che doveva proteggere il giuslavorista da possibili attacchi dei terroristi, soprattutto delle Brigate Rosse, dopo il caso D'Antona, e che venne tolta nel settembre 2001 esponendo il professore universitario a un rischio poi diventato tragica realtà alle 20 del 29 marzo 2002.
Oggi quella scorta venuta a mancare e le motivazioni di questa decisione, quando ministro dell'Interno era Claudio Scajola (Forza Italia), sono fatti al centro di un'inchiesta in corso alla procura di Bologna. L'impulso alle indagini è arrivato, dal sequestro di alcuni documenti riservati trovati a casa di un collaboratore di Scajola nell'ambito delle indagini sul caso Matacena. Pareva una vicenda chiusa anche se oscura, quella della revoca della scorta a Biagi, invece non lo è affatto. E per chi ha fatto parte di quella scorta il caso non è mai stato chiuso, almeno affettivamente. «Per capire cosa avveniva in quei giorni - spiega ancora l'ex commissario Zaccaria, oggi pensionato mirandolese - bisogna prima di tutto capire che l'odine di istituire la scorta arrivò da Roma e da Roma fu revocato. Come sempre non c'erano spiegazioni o dubbi su queste scelte, dato che le ragioni ultime non sono mai evidenti e quindi si possono prendere abbagli. Ci dispiaceva molto, certo, perché ci eravamo tutti affezionati a quell'uomo di valore, così schivo».
UN PROFESSORE
SPECIALE
Il professor Biagi, racconta Zaccaria, «apparteneva a quella categoria di docenti universitari un tempo diffusa che si impone con il comportamento e la ragione. Gente che parla poco e in modo mirato, appropriato, per dire cose importanti. Biagi aveva dedicato tutta la sua vita all'insegnamento e in quei giorni noi vivevamo con lui sempre nei dintorni della facoltà di Economia. Lo prendevamo in carico da Bologna alla mattina e ai colleghi di Bologna lo riconsegnavamo in carico di sera. Non ci è mai pesato questo servizio, perché fa parte del lavoro del poliziotto. Anzi, con lui abbiamo vissuto momenti molti belli e profondi, dei quali serbo un ricordo particolare. L'unico suo sfizio, fuori dall'insegnamento, era andare a pranzare da Ermes in via Ganaceto oppure fare una passeggiata e chiacchierare con noi. Si fumava un sigaro insieme e si scambiava qualche parola. Era un piacere ascoltarlo».
LA FINE
DELL’INCARICO
«Certo, sapevamo che era un personaggio eminente nel suo settore. E lo sapevano anche a Roma, dato che dopo l'omicidio D'Antona, Biagi era diventato un obiettivo sensibile per le Brigate Rosse: Biagi era sempre sottoposto alla massima attenzione. Cosa sia accaduto per arrivare alla revoca non lo so. Sto seguendo sui giornali lo sviluppo delle indagini come un cittadino qualsiasi. Ricordo solo il giorno in cui ci comunicarono l'ordine da Roma, il 15 settembre 2001. Era finito quell'incarico».
«Poi, qualche mese dopo fu ucciso in modo vigliacco dai terroristi. Era senza scorta da mesi. Io sono andato in pensione poco dopo, ma non l'ho mai dimenticato, così come i miei colleghi».
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