Usa boccia la stagionatura e fa guerra al Parmigiano
La Fda americana ritiene che i formaggi a pasta dura affinati su legno potrebbero avere batteri. I produttori replicano: «Se così fosse non potremmo fare le forme»
La guerra è stata dichiarata ma siamo solo alle prime battute. Dagli Stati Uniti è partita la crociata, ovviamente con il pretesto dell’igiene contro i formaggi europei colpevoli di essere stagionati su assi di legno.
Gli imputati, in questa battaglia che ha pesanti risvolti commerciali e che punta a tener fuori dai confini americani i prodotti più richiesti, sono i re delle tavole italiane e francesi, ovvero Parmigiano Reggiano, i formaggi a pasta dura francesi e segnatamente il Comtè prodotto nel Giura, dove per primi si sono ribellati contro i diktat d’Oltreoceano. Da ultimo si sono uniti anche gli inglesi che producono il Cheddar.
Il guaio è che a innescare lo scontro è stata l’agenzia federale americana che sovrintende e guida le politiche dei controlli sanitari sui prodotti destinati al consumo, dai farmaci agli alimentari. La potente Fda (Food and Drugs Administration) ha emesso un avviso che scomunica i tradizionali procedimenti d’in vecchiamento.
«La struttura porosa del legno su cui vengono stagionate le forme - dice in buona sostanza l’agenzia - permette di assorbire e trattenere batteri che rischiano di contaminare i prodotti alimentari». L’avviso, che non si è ancora tradotto in una di quelle regolette amministrative che possono paralizzare per anni l’importazione di prodotti stranieri (come accadde ai nostri prosciutti), è stato poi chiarito dalla portavoce della Fda. Ma è stato ancora peggio. Quando ha parlato di stagionature «su superfici che si possono lavare correttamente» i suoi interlocutori europei non sapevano se ridere o piangere: come paragonare i tavoloni di stagionatura dei formaggi a pasta dura con i pavimenti da disinfettare?
«Ma come si fa a dire che il formaggio ha una carica batterica? Il Parmigiano non riesce se ha i batteri, la forma non tiene - sospira Andrea Nascimbeni, presidente del caseificio Quattro Madonne di Lesignana che produce 6300 forme al mese - Il nostro scrupolo è tale, e parlo di norme che valgono per tutti i produttori di parmigiano, che il controllo viene fatto su ogni forma. Anche la più piccola imperfezione, una bolla all’interno, fa sì che la forma venga ritirata dal mercato. Non si vendono formaggi di 24 e 36 mesi come i nostri se ci sono dei batteri, vanno a male».
Più diplomatico e tecnico il commento dei vertici del Consorzio del Parmigiano Reggiano che nella nostra provincia raccoglie 78 caseifici e 3700 produttori di latte. «Il legno - spiegano - è un elemento di qualità nella preparazione del Parmigiano reggiano perché permette una sorta di traspirazione che permette una stagionatura ottimale. Appoggiare le forme su ripiani di acciaio o teflon non garantisce la stessa qualità nella stagionatura. E questo non lo diciamo noi ma le autorità sanitarie anche europee perchè da tempo abbiamo dimostrato scientificamente alla Fda la bontà dei nostri processi di fabbricazione, anche da un punto di vista sanitario».
Dal canto suo la Fda ha ridimensionato la polemica, dicendo che non voleva mettere in discussione la qualità dei formaggi europei.