Gazzetta di Modena

Modena

Il gup: «Non c’è prova di illeciti»

di Carlo Gregori
Il gup: «Non c’è prova di illeciti»

Il giudice Pirillo: «Inconsistenti le ricostruzioni dell’accusa. Gara regolare, non ci furono favoritismi»

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«L'analisi del compendio probatorio sottoposto al giudice ha condotto a ritenere inconsistente l'ipotesi della pubblica accusa». È duro il giudizio del gup Eleonora Pirillo sulla ricostruzione e sulle prove che la Procura ha presentato all'udienza preliminare per l’ “Affare Chioscopoli”, il caso giudiziario più importante degli ultimi anni di ambito politico-amministrativo che coinvolgeva alcuni assessori comunali modenesi allo stesso tempo esponenti di spicco del Pd: Stefano Bonaccini, oggi segretario regionale e all'epoca del fatti contestati a capo del settore Patrimonio (Giunta Barbolini), e Antonino Marino, successore di Bonaccini, entrambi difesi dall'avvocato Massimo Vellani. Con i dirigenti comunali erano imputati il dirigente comunale Mario Scianti, difeso dall'avvocato Fulvio Orlando e sempre da Vellani; la dirigente Giulia Severi, difesa dall'avvocato Luca Scaglione; e i due concessionari del chiosco del Parco Ferrari presunti beneficiari di favori occulti, Claudio Brancucci e Massimiliano Bertoli della Sgsp. Le motivazioni del giudice Pirillo, depositate nei giorni scorsi, spiegano perché al termine del processo con rito abbreviato sono stati assolti Bonaccini, Marino e Scianti così come si è deciso il non luogo a procedere per i due soci della Sgsp e la Severi. Secondo il giudice, la ricostruzione del sostituto procuratore Enrico Stefani - pur eseguita con costanza - era in ultima analisi priva di riscontri probatori. Non c'è stato dunque alcun favoritismo da parte di Bonaccini per un gestore di pub che era figlio di un ex esponente del Pci. Non c'è stata alcuna “combine” prima della gara di appalto. Non c'è stata alcuna turbativa d'asta nell'assegnazione del chiosco un tempo di Achiropita Mascaro. Non c'è stato alcun abuso d'ufficio da parte del Comune, sia per gli assessori che per i dirigenti, perché i documenti ufficiali del Comune spiegano e giustificano, secondo il giudice, precisamente l'accaduto, sia perché non esistono prove di atti illegali. Non solo: il giudice ha deciso per un'assoluzione a tutto campo che riguarda anche i reati prescritti (la turbativa d'asta). In questo modo il caso Mascaro si è chiuso, per ora, con un'assoluzione per l'imputato di omicidio della barista che gestiva anche il chiosco (il delitto per ora non ha né autore né movente preciso), con un'assoluzione per il geometra comunale D'Andretta accusato di concussione e l'assoluzione per tutti gli imputati di questa inchiesta collaterale, “Chioscopoli”, che riguardava la concessione del chiosco del Parco Ferrari, revocato alla Mascaro perché inadempiente, a Brancucci e Bertoli , gli ex gestori del Red Lions Pub di via Carlo Sigonio.

Il primo punto analizzato dal giudice nella sua sentenza, pronunciata il 29 novembre scorso e depositata con le motivazioni pochi giorni fa in cancelleria, riguarda la gara per l'assegnazione ai nuovi gestori dopo la Mascaro, nel 2003. «La gara è stata svolta conformemente alla legge - scrive il giudice - e la concessione era aggiudicata dalla ditta Sdps sulla base del duplice requisito dell'offerta più vantaggiosa e secondo il progetto relativo alla qualità del servizio in sede di gara». Il gup non nota la sussistenza di un illecito accordo con i titolari della Sdps, Bonaccini il dirigente Scianti per “taroccare” la gara. Anche il tanto discusso incontro tra la Mascaro, il geometra comunale D'Andretta, Brancucci e Bertoli non conterrebbe alcunché di illecito. Netto il giudizio del gup: «L'ipotesi accusatoria risulta priva di qualsivoglia riscontro probatorio». E ancora: «In particolare la tesi di un pregresso accordo tra Bonaccini e Sciati con i titolari di Sdps è assolutamente infondata e si basa sulla sussistenza di un presunto trattamento di favore in cui Brancucci e Bertoli avrebbero in passato goduto quali titolari del Red Lions pub». Infondata la ricostruzione, dice il giudice Pirillo, «perché del tutto priva di riscontri processualmente spendibili» quella nata dalla testimonianza di alcuni residenti di via Carlo Sigonio che avrebbero riferito di episodi che davano corpo secondo il pm all'ipotesi di una sorta di impunità dei gestori e ad accordi occulti tra Bonaccini e i due. Provati, al contrario, i contatti tra la Mascaro, Bertoli e Brancucci, con l'intermediazione di D'Andretta, per ottenere le attrezzature nel chiosco quando avessero vinto la gara. Ma per il giudice, anziché pressioni violente, dalle registrazioni lasciate dalla Mascaro emerge una trattativa per acquistare e attrezzature nata da una iniziativa «del tutto personale, non motivata dalla certezza di vincere la gara».

«Dunque, se tale trattativa risulta provata storicamente non emerge alcun profilo di rilevanza penale attribuibile a Bertoli e Brancucci. Che poi i “mandanti” di D'Andretta nell'avviare le trattative con la Mascaro fossero Scianti e Bonaccini è "una ricostruzione priva di qualsivoglia tipo di riscontro». Il giudice arriva qui a parlare di «assoluta carenza di prove».