L’Università: rispettiamo tutte le direttive
Il Professor Nichelli prende atto della manifestazione, ma ribadisce la regolarità della ricerca
«È giusto che la gente esprima la propria sensibilità, mi piacerebbe che la gente comprendesse il nostro lavoro ma capisco che ci possano essere altre posizioni su questo argomento, e le rispetto. Vorrei che si evitassero azioni estreme, che poi sono dannose non solo per la ricerca ma anche per gli animali. Penso ad alcuni episodi a Milano, o sempre qui a Modena: cavie che venivano liberate e poi finivano investite nel traffico. Così non credo si faccia il bene della scienza né quello dell'animale».
Così il professor Paolo Frigio Nichelli, preside di Medicina e Chirurgia dell'Ateneo, chiarisce la natura delle attività svolte presso ilCentro Servizi Stabulario Interdipartimentale dell’Ateneo di Modena messo sotto accusa per la presenza dei macachi e la sperimentazione su di essi. Una sperimentazione finita alla ribalta anche per la visita di controllo effettuata dal deputato del Movimento 5 stelle Mauro Bernini, molto critico con lo stato in cui sono detenuti gli animali. «Mi permetto di dire che quella di Bernini è una valutazione personale, perché in realtà in questo settore ci sono degli standard da rispettare e che noi rispettiamo. - ha spiegato Nichelli a Tempi.it -La ricerca sugli animali è argomento serio con risvolti etici importanti, e per questo è controllata in tutte le sue fasi: nella progettazione e nella programmazione, poiché gli esperimenti vanno fatti con autorizzazione del ministero della Salute e dell'Istituto superiore di Sanità; durante l'esecuzione, visto che l'Asl effettua periodicamente verifiche sullo stato di benessere degli animali; infine al termine, con la pubblicazione dei risultati. E tutto deve rispondere a requisiti stringenti. Le dimensioni delle gabbie sono standard». A scatenare le polemiche anche il fatto che la sperimentazione pare fatta solo a fini di conoscenza. A questo prtoposito Nichelli replica: «Esiste ricerca di base e ricerca applicata. Si parte dal presupposto che ovviamente la ricerca di base sugli animali ha un senso solo nel caso in cui i quesiti che questa si pone non possono trovare risposta se non attraverso la sperimentazione sugli animali. - spiega il professore - È vero che la scienza ha avuto avanzamenti tali che hanno ridotto l'utilizzo di alcuni sistemi sperimentali, anche nelle neuroscienze. Tuttavia non sono stati sostituiti del tutto. Ad esempio, se bisogna studiare i circuiti cerebrali serve un modello animale da guardare. Dopodiché, da queste ricerche nascono le domande di tipo applicativo, e magari anche le risposte per i pazienti».
Nichelli ga alcuni esempi e spiega che «I neuroni specchio, che potrebbero essere il primo modello valido dal punto di vista scientifico per capire l'autismo, sono stati scoperti attraverso questo genere di ricerca sui primati. Un altro esempio sono i device o stimolatori che applichiamo su alcuni pazienti afflitti dalla malattia di Parkinson, e che ne correggono la situazione clinica. Ecco, questa operazione non sarebbe stata nemmeno pensata senza questa ricerca alle spalle». Infine, l’utilizzo o mancato utilizzo di anestesia durante gli esperimenti. «Le direttive europee pongono la sperimentazione animale in una posizione tale per cui tutto ciò che va oltre una puntura deve essere fatto sotto anestesia, E noi rispettiamo completamente tali direttive. Questo genere di interventi viene fatto anche sull'uomo a scopi terapeutici, ad esempio quando si deve applicare un neurostimolatore. - spiega - Vi è una prima fase nella quale bisogna creare una "breccia", e queste operazioni vengono effettuate in anestesia generale, tanto nell'uomo quanto nell'animale. Dopodiché l'inserzione dell'elettrodo e la registrazione di quanto succede quando il macaco svolge un compito o l'altro viene fatta col soggetto sveglio, uomo o macaco che sia. Un elettrodo nel cervello non è doloroso, . Oltretutto è necessario che il paziente possa rispondere: dalle sue risposte si capisce se è vero che sono attraversate proprio le strutture che intendevamo attraversare».