I profughi siriani in un video made in Carpi
Dopo l’esperienza nel paese in guerra, Marcella Menozzi e Annalisa Vandelli lavorano a documentario
Hanno trascorso un mese tra la Giordania e il Libano a stretto contatto con i profughi siriani, condividendo il dramma di questo popolo in fuga, e, entro poche settimane la loro intensa esperienza verrà raccontata attraverso un documentario che stanno realizzando per la Farnesina, più precisamente per il dipartimento Cooperazione e Sviluppo. Loro sono la videomaker e fotografa carpigiana Marcella Menozzi e la giornalista sassolese Annalisa Vandelli (la quale il 4 settembre verrà insignita del premio Mediterraneo a Salerno): insieme hanno dato vita ad un team che, in aprile, ha raccolto profondi capitoli della vita di chi proviene dalla Siria, un paese tornato drammaticamente alla ribalta delle cronache dopo il rapimento delle due volontarie Greta e Vanessa. «Siamo state ai confini con la Siria, una decina di giorni in Giordania ed altri venti in Libano, e non abbiamo potuto fare a meno di notare il fortissimo spirito di accoglienza con cui ci incontravano – esordisce Marcella – nonostante le condizioni di povertà di questo popolo, la dignità che trasudava dal loro modo di vivere pulito, dai loro racconti e dal loro modo di porsi era enorme. La popolazione apparteneva ad una fascia media, gente borghese che originariamente godeva di uno stile di vita agiato. Poi, il forte dramma delle radici estirpate. Le persone che abbiamo incontrato gridavano: “Aiutateci a fare capire che cosa stiamo vivendo”. Siamo state ai confini con la Siria in aprile, poco prima che esplodesse nuovamente la questione palestinese, ma sentivamo che c’era nell’aria qualcosa» conclude Marcella. Altrettanto entusiasta per il progetto in via di realizzazione è Annalisa Vandelli, autrice, tra l’altro del libro Magnitudo Emilia, insieme a Luigi Ottani. «Ho notato analogie nel modo di affrontare i due drammi del terremoto e dell’essere profughi – spiega Annalisa – nella popolazione siriana ho notato lo stesso senso di dignità e quella capacità di non piangersi addosso che ha caratterizzato anche chi vive nel nostro territorio subito dopo le scosse. Ricordo una donna che mi ha chiesto scusa perché aveva il vestito impolverato. La loro disponibilità nel raccontarci la propria vita, grazie anche al lavoro che stanno facendo le organizzazioni italiane, è stato un’esperienza di valore emozionale e professionale altissimo».
Serena Arbizzi