Edilteco guarda all’estero per esorcizzare il sisma
San Felice. L’impresa di Paolo Stabellini si destreggia tra i cavilli della burocrazia Ventitre milioni di fatturato e un giro d’affari che punta sull’export in 40 Paesi
SAN FELICE. È crollata una fetta consistente di capannoni a causa del terremoto, ma quello che non è finito sotto le macerie è l’orgoglio di questa azienda. Edilteco realizza materiali isolanti termico acustici per il settore dell’edilizia su tecnologia propria, il fatturato e gli affari dell’impresa si estendono in oltre 40 paesi in tutto il mondo, con filiali che si trovano, tra le altre, in Francia, Belgio e Argentina. Il terremoto aveva messo a dura prova l’attività, ma dopo pochissimo tempo, giusto il tempo di riorganizzarsi, la ditta è ripartita.
«Nell’estate del 2012, subito dopo il terremoto, abbiamo continuato a lavorare, nonostante le condizioni terribili - spiega Paolo Stabellini, direttore generale Edilteco - Molti dipendenti si sono ritrovati, nell’arco di pochissimi secondi di scosse, senza casa. Nonostante ciò, erano qui a capire cosa si sarebbe fatto dell’attività e già da quei momenti abbiamo iniziato a studiare come ripartire. Con il terremoto sono crollati 3mila metri quadrati di capannone e 500 di uffici sono andati persi. Il resto, 7-8mila metri quadrati, sono stati danneggiati dalle scosse ma non sono crollati. Durante la prima estate dopo il sisma ci siamo arrangiati sotto un tendone con gli uffici e una ventina di impiegati. Abbiamo dovuto ricostruire parecchio della nostra attività e il primo mese di lavoro abbiamo perso tutto il fatturato, che ora tocca invece quota 23 milioni, di cui otto in Italia. Poi nei crolli abbiamo perso il magazzino, parte degli impianti, linee complementari, ma complicel’orgoglio emiliano, la cui dimostrazione dopo il sisma ha fatto il giro del mondo, l’attività è ripartita».
Come la gran parte di aziende della Bassa che hanno subito un’ingente quantità di danni, anche Edilteco ha dovuto rassegnarsi a fare i conti con la burocrazia elefantiaca, costituita dalla mole di ordinanze, talvolta poco comprensibili, che fanno capo al processo di ricostruzione. «In tutto, abbiamo totalizzato 6 milioni di danni certificati - prosegue Stabellini - Complessivamente, abbiamo avviato 11 pratiche e in tutto oggi abbiamo 1,8 milioni di cambiali Errani in mano. Ci troviamo ad affrontare una burocrazia spaventosa che si addensa soprattutto in Regione. Abbiamo dovuto assumere tre tecnici che lavorano soltanto sul processo di ricostruzione dall’ottobre 2012. Nello specifico si tratta di un geometra, un architetto e un ingegnere che, ogni giorno, si fanno strada fra cavilli di vario tipo nel tentativo di fare chiarezza. Soltanto per gli uffici e ripristinare gli impianti danneggiati abbiamo dovuto spendere 600mila euro. Ormai affrontiamo il ripristino dello stato pre sisma e il completamento del miglioramento sismico. Due dipendenti saranno impegnati in questa fase di ricostruzione».