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ECONOMIA

Coca Cola, la chiusura è inevitabile

Coca Cola, la chiusura è inevitabile

L’azienda dice no alla soluzione del telelavoro e propone incentivi consistenti per la liquidazione dei dipendenti

27 agosto 2014
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Dall’incontro che si è tenuto ieri presso Confindustria Modena non si può dire che siano stati compiuti passi determinanti per la soluzione della vertenza della Coca Cola di Campogalliano. In ballo 57 posti di lavoro degli addetti impiegati presso questa sede della multinazionale, anche se in realtà per 8 lavoratori è già stata individuata una soluzione legata al cosiddetto telelavoro.

La parte sindacale è consapevole del fatto che la chiusura dello stabilimento di Campogalliano diventa a questo punto inevitabile ma sta cercando di concordare soluzioni che possano tutelare nel modo meno doloroso possibile il futuro dei dipendenti.

L’azienda propone il trasferimento di 18 lavoratori presso la sede di Buccinasco in Lombardia e ora sarà da verificare se verrà individuata la disponibilità di un numero sufficiente di addetti che possano accettare il trasferimento presso la sede lombarda della multinazionale.

L’azienda pone in ogni caso il sindacato dinanzi a poche alternative anche per gli altri lavoratori: o un anno di cassa integrazione straordinaria cui seguirà poi necessariamente la collocazione in mobilità oppure l’opportunità di una liquidazione consistente per la chiusura immediata del rapporto (si parla di somme oscillanti attorno ai 40mila euro), somme che verrebbero viceversa dimezzate nel caso in cui i lavoratori optassero per entrare in mobilità dal prossimo primo novembre fino al 31 ottobre del 2015.

A fine mese scadono i 45 giorni previsti dalla legge per trovare, dall'apertura della procedura di mobilità, una soluzione in sede sindacale. Diversamente scatterebbe il percorso istituzionale, nel caso di Campogalliano presso la Provincia di Modena e nel caso – nazionale – delle mobilità tra i commerciali presso il ministero del lavoro, spostando in avanti di 30 giorni i tentativi per evitare il peggio. L'azienda insiste nella volontà di procedere con i licenziamenti – magari incentivati ma non su base volontaria – conseguenti alla chiusura. Mentre i sindacati spronano l'azienda a presentare un piano sociale. Da una parte i possibili trasferimenti, che riguarderebbero una parte ristretta di personale, visto che la sede possibile sarebbe a Buccinasco, nel Milanese. Poi ci sarebbe qualche ricollocazione. I sindacati ritenevano basilare fondamentale, per individuare una soluzione possibile, il passaggio al telelavoro ma da questo punto di vista non hanno incontrato la disponibilità dell’azienda.

Ora i sindacati incontreranno i lavoratori per verificare la situazione alla luce dell’incontro di ieri mentre per il 4 settembre è previsto il prossimo incontro con l’azienda.