Richetti e Bonaccini in campo: scontro modenese per la Regione
Il deputato annuncia la sua discesa in campo su Facebook, alla Festa di Bologna il segretario replica Chi vincerà il 28 settembre sarà il candidato del Pd, ma la battaglia logora il partito già alla vigilia
Tutto e il contrario di tutto. Come era abbondantemente nelle previsioni. Solo che a forza di tentennare ormai non ci credeva più nessuno, nemmeno loro.
La notte bolognese tra martedì e mercoledì ha cambiato le carte in tavola in un Pd che, con l’acqua alla gola, ha preso la decisione obbligata per scegliere il candidato alla presidenza della Regione Emilia Romagna alle primarie del 28 settembre: Stefano Bonaccini contro Matteo Richetti.
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A rompere il ghiaccio è stato quest’ultimo, con un post pubblicato su Facebook che ha complicato la mattinata politica: «Sarà una scommessa con un filo conduttore: nessuna occasione deve andare perduta. Si, ma non sarà una campagna sul contrasto allo spreco materiale, sarà un progetto preciso per fare dell’Emilia Romagna la terra delle opportunità. Perché ciò che ci deve far paura di questo tempo è ciò che rischiamo di perdere. Un'idea, un desiderio, la voglia di investire, la voglia di aiutare. Niente deve andare perduto. Perché se l’Emilia Romagna è quello che è che, lo si deve a chi non ha rinunciato a dare forma ai propri sogni, a realizzare le proprie idee, a inventare, a intraprendere».
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La risposta di Stefano Bonaccini si è fatta attendere qualche ora. Un nuovo tentativo per convincere Manca, che poi ha declinato anche lui su Facebook, e il segretario regionale che a metà pomeriggio, inaugurando la festa nazionale del Pd a Bologna, ha fatto sapere che era ufficialmente in campo.
Un disegno, quello dello scontro Bonaccini-Richetti, che, se fosse all’interno di uno schema ragionato e non raffazzonato e senza una guida come nel caso del Pd, potrebbe avere anche dei virtuosismi: mettere l’uno di fronte all’altro i due talenti della politica nostrana per farli confrontare su idee, programmi, soluzioni. Sarà così? Può anche darsi vista l’intelligenza degli interessati, ma fino ad oggi lo spettacolo è stato di ben altro genere e con retroscena molto diversi.
Da più di due mesi si diceva di questa sfida. La sognava chi voleva eliminare almeno uno dei due, ormai a Roma e lontani da dinamiche locali: uno da sempre critico verso il sistema come Richetti, l’altro che diventando renziano ha firmato la parziale fine del suo appeal. E a proposito di Renzi, si era detto che sarebbe stato lui a decidere, quanto meno ad indicare una strada, visto che in campo c’erano due dei suoi virgulti.
La realtà è che Renzi non ha deciso nulla, soprattutto non ha voluto decidere nulla e ha lasciato che la partita “Emilia Romagna” diventasse una grana da risolvere sul territorio. Territorio che, però, non è stato in grado di gestire. E si è arrivati fin qui, con Bonaccini segretario regionale che ha tentennato fino all’ultimo e Daniele Manca, sindaco di Imola, che si è fatto da parte quando ha capito che con Richetti sarebbe stata dura.
Il rischio di perdere era troppo alto, e il Pd vecchio stampo ha fatto capire a Stefano Bonaccini che era ora di parlare.
Vecchio stampo, va chiarito, non tanto nei nomi, vecchio stampo nei modi quando si è capito che un candidato leader non si sarebbe trovato: Manca non unisce, figuriamoci Richetti, Bonaccini in ballo fino all’ultimo secondo utile. Perché il Pd non riesce a fare sintesi? Questo è il vero problema di uno scontro che, se giocato male, rischia di diventare un dannoso.
Fatto sta che Bonaccini è in campo, ma ne avrebbe fatto volentieri a meno. Ora è inevitabilmente lui il favorito di una partita che si giocherà voto a voto soprattutto in alcune province.
A partire da Modena. Già, Modena, che diventa centro della Regione con buona pace dei bolognesi. Modena che non può essere esente da un ragionamento che la metta anche nell’elenco dei colpevoli di una situazione che definire ingarbugliata è dire poco. Modena che non ha mai sposato la possibilità di avere un candidato presidente, Bonaccini o Richetti non importa. Modena che è sempre rimasta in silenzio. Modena che non ha mai cercato di impostare anche solo una strategia per avere un candidato presidente, vedendo questo come una opportunità, prima ancora di conoscerne il nome.
Chiedere questo, a questo Pd, si è capito che è chiedere troppo. Troppi come i nomi che in questa fase sono venuti avanti per giocarsi un posto da consigliere regionale. Quella sarà la sfida nella sfida, ancora più dannosa se non governata. Ma con il segretario provinciale Lucia Bursi tra i papabili, è difficile che anche in questo caso si faccia chiarezza.
E sarà, oggi come ieri, il caos più totale se il Pd continuerà a stare in silenzio.
@dvdberti
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