Danni da pirati alimentari: per Modena tre miliardi
Parmigiano fasullo prodotto negli Usa, pasta in Egitto e Corea, salumi “nostrani” fabbricati in Germania e in Romania: catalogo degli orrori delle agrofalsificazioni
Il raccolto dei prodotti agricoli, il meglio dell’enogastronomia Made in Italy, vale 33 miliardi di euro di esportazioni: ma all’estero le perdite per i falsi formaggi, salumi e via elencando sono di 60 miliardi.
Anzi, per essere più precisi bisognerebbe parlare di mancate entrate perché i prodotti fasulli che hanno l’italian sounding, ovvero che scimmiottano i prodotti italiani nei nomi delle etichette, stanno dilagando nel mondo.
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È questo il punto di partenza del convegno organizzato ieri dalla Coldiretti e che ha visto la partecipazione del presidente nazionale Roberto Moncalvo. Nell’auditorium affollato della Fondazione Biagi c’erano i big della filiera agroalimentare, a cominciare da Vincenzo Cremonini e sua sorella Claudia, che oramai sono dei giganti anche a livello della distribuzione alimentare a livello internazionale.
L’occasione per l’incontro è stata data anche dalla presentazione di un imponente studio di marketing coordinato dal prof. Tiziano Bursi della facoltà di Economia di Modena; sono state prese in considerazione 500 aziende delle filiere produttive più importanti (vino, carne, olio, latticini), a partire da un fatturato superiore ai 2 milioni. Bene, il risultato è stato univoco, il marchio tipico è importante per la riconoscibilità sugli scaffali dei supermercati ma da solo non basta se non c’è una comunicazione adeguata che ne valorizzi il territorio e le procedure di fabbricazione. Di qui devono partire le strategie per valorizzare meglio i veri prodotti italiani e il gusto del vero Parmigiano Reggiano piuttosto che del vero balsamico.
Purtroppo l’eccellenza dell’Emilia a tavola rischia di essere travolta dall’altra faccia della medaglia di un successo rapido. La voglia di cibi e vini italiani è tale, sulle tavole di New York, mosca o Melbourne, che molti offrono confezioni con la bandierina tricolore e il nomignolo pieno di vocali che ricorda i nostri prodotti tipici, ma che non ha nulla a che fare con i gusti. Così milioni di consumatori diventano male educati a tavola e poi non riconoscono neppure il valore dei nostri salumi, tanto per fare un esempio.
«Quando si parla di globalizzazione - ha spiegato ieri il presidente Moncalvo - si parla di globalizzazione dei prezzi ma non della qualità. Allora se ci devono essere regole devono valere per tutti. Gli accordi bilaterali che si vanno costruendo con gli Stati Uniti e che spero poi siano estesi a livello internazionale, vanno proprio in questa direzione».
Arriveranno finalmente i controlli sul ‘Parmesao’ prodotto in Brasile, il ’Parma salami’ in Messico? Saranno spazzati via dalle catene di vendita gli “Chapaghetti”, ovvero gli spaghetti, fatti in Corea e la Palenta croata? Chi la sa. Per ora vince sempre “Italiano pasta” fatta al Cairo.