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Alzheimer, non solo farmaci per il malato

di Giovanna Frigieri
Alzheimer, non solo farmaci per il malato

Convegno con esperti su come affrontare le terapie anche attraverso una migliore domiciliarità

22 settembre 2014
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“Demenza da alzheimer: anche le terapie non farmacologiche per una buona domiciliarità” è stato il titolo del trediceismo convegno distrettuale che si è svolto in occasione della “Giornata mondiale per la lotta all'Alzheimer” all'auditorium di Confindustria ceramica.

L'evento è stato organizzato dall'associazione Sostegno Demenze Onlus col patrocinio del servizio sanitario regionale dell'Emilia Romagna e dell'Unione del distretto ceramico.

Al convegno sono intervenuti Tonino Rovatti, presidente dell'associazione demenze, Massimiliano Morini, presidente dell'Unione dei Comuni del distretto ceramico, Maria Pia Biondi, direttore del distretto sanitario di Sassuolo, Flavia Giovanardi, dirigente dei servizi sociali dell'Unione dei Comuni del distretto ceramico, e Cristina Marchesi, direttore sanitario Ausl di Modena per la parte scientifica.

«La parola “anche” che si trova nel titolo dell'iniziativa - ha detto Tonino Rovatti, presidente dell'associazione sostegno demenze - non vuole escludere le terapie e i farmaci, ma affiancarli. Bisogna valorizzare le potenzialità nascoste che restano nella persona stessa. Quindi bisogna cercare di guidare il malato di Alzheimer a fare le attività che era abituato a svolgere nella vita attiva. Tra queste attività occupazionali vi è la musicoterapia facendo ricordare al malato la musica del passato. Ci possono essere anche delle stimolazioni multi sensoriali dove il terapista aiuta il malato a migliorare i suoi comportamenti sui quali la malattia ha portato dei grossi disturbi. Inoltre si deve aiutare i familiari a diventare terapisti. Lo scopo di tutto questo è di arrivare ad avere una buona domiciliarità per dare al malato e ai familiari una vita dignitosa. Per curare questa malattia, nella propria abitazione, in questi ultimi anni sono sorte delle nuove professionalità che facevano parte della tradizione anglosassone. Tra queste professionalità vi è il terapista occupazionale che aiuta il malato a fare delle determinate cose come ad esempio cucire e lavorare nell'orto». «Ho avuto un'esperienza - ha detto Giuliano Manzini - relativa alla demenza di mia madre. Di fronte ciò io e mia moglie abbiamo dovuto cambiare vita e rinunciare ad alcune cose come uscire con gli amici. Si è cercato di tenere occupata mia madre con alcune attività che faceva prima della malattia come cucinare e fare la spesa con me».

«La malattia - ha detto il geriatra Mirco Neri - deve essere individualizzata e si deve trovare il modo di avvicinarsi ad essa e dosare le medicine nella fase acuta».