Nanni Balestrini da Gruppo ’63 alla poesia visiva
A Nanni Balestrini (Milano, 1935) è affidata l'inaugurazione del Festival, questa sera alle 21,al Fabbri di Vignola. Il tema è "Il pubblico della poesia". Una performance che vede il poeta...
A Nanni Balestrini (Milano, 1935) è affidata l'inaugurazione del Festival, questa sera alle 21,al Fabbri di Vignola. Il tema è "Il pubblico della poesia". Una performance che vede il poeta rapportarsi con il pubblico.
Le innovazioni portate dal Gruppo 63, di cui ha fatto parte, sono state solo letterarie o anche di carattere sociale?
«La letteratura si occupa della poesia e romanzi che possono trattare fenomeni sociali, ma non obbligatoriamente. Il Gruppo '63 era un po' critico nei confronti della generazione precendente, quella dell'impegno sociale, del neorealismo. Se i contenuti non vengono tradotti in una vera forma il risultato è negativo».
Lei è tra i fondatori di Potere Operaio, quale la buona o cattiva eredità della contestazione del 68?
«La cattiva eredità è che la contestazione è stata soffocata. Era un fenomeno di giovani (io avevo qualche anno in più) che volevano cambiare, fare dell'Italia un paese libero, vivo. Invece è stato soffocato totalmente. Come buona eredità sono le idee elaborate allora che permangono anche oggi: il femminismo, la liberazione del lavoro che è sempre più precario...».
Un suo romanzo legato al 68 ha titolo "Vogliamo tutto". In realtà cosa si è ottenuto?
«Niente. C'è stata la grande rivolta della classe operaia, ma anche il contrattacco del capitale che ha cambiato il lavoro. Alla Fiat c'era 150mila e ora sono molto meno. L'automazione è positiva perché lavorano le macchine e non gli uomini alla catena di montaggio, ma ha impoverito lo strato operaio».
Come la sua poesia si rapporta al romanzo? Cosa cerca?
«La poesia è molto più diretta, si muove in diverse direzioni per determinare tutte le possibilità di comunicazione. La narrativa, invece, è una comunicazione che ha bisogno di una storia. La mia poesia procede per immagini».
Si sente un intellettuale impegnato?
«La figura impegnata è tramontata oggi. Aveva un significato preciso quando c'erano i partiti. Si faceva riferimento ad una ideologia precisa».
Lei è anche un artista visivo. In che modo convivono, nelle relazioni, differenti aspetti della cultura?
«In passato le diverse arti si sono intrecciate. Prima erano in territori separati. Ed ognuna è andata ad arricchire l'altra. Ero un poeta visivo, avevo una idea visiva della poesia». (m.f.)