«Storia da archiviare in fretta per parlarne solo al passato»
Sesto è una persona estroversa, affabile, contento del ruolo che ha nella comunità dove risiede da quando è stato dimesso dall'Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Reggio Emilia. Partecipa alle...
Sesto è una persona estroversa, affabile, contento del ruolo che ha nella comunità dove risiede da quando è stato dimesso dall'Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Reggio Emilia. Partecipa alle attività comuni, esce, è sempre presente alle iniziative dell'associazione, in una parola: si sente gratificato. Non si direbbe che abbia trascorso sette anni in Opg. «E sette anni - dice Tilde Barbieri, madre di Sesto e presidente dell'associazione “Insieme a Noi” - non sono pochi per aver commesso piccoli reati contro il patrimonio». «Sesto ha fatto più anni di Opg di quelli che vengono solitamente scontati da un omicida!» sottolinea suo papà Davide Barbieri. «Le criticità che caratterizzavano l'Opg sono davvero tante - prosegue Davide - Innanzitutto se si aveva bisogno di materiale esterno, per riceverlo era necessario presentare richiesta. Ma come fa chi non sa scrivere? Senza contare che gli operatori erano sempre in numero insufficiente per far fronte ai bisogni degli internati». E mamma Tilde commenta: «Non c'era nessun assistente sociale e l'unico psichiatra che abbiamo visto, una o due volte, non ci sapeva dare nessun tipo di indicazione. L'unica cosa che si faceva coi pazienti era sedarli». A proposito del rapporto con le guardie, interviene anche Sesto. «Nonostante l'aiuto per le attività a cui mi dedicavo, non stavo mica tanto bene là dentro. Ho subito la contenzione e il luogo era proprio un mondezzaio». Gli fa eco Davide: «A me l'Opg non ha mai dato l'idea di essere un ospedale, un luogo di cura. Piuttosto è un carcere a tutti gli effetti; le perquisizioni corporali ne sono un esempio». E Tilde aggiunge un triste ricordo di quei giorni: «Le perquisizioni, a volte, venivano attuate con una violenza inaudita, tanto che dovetti chiamare in aiuto il magistrato di vigilanza». E tuttavia Sesto, manifestando un animo incapace di serbare rancore, racconta di essere stato contento di aver partecipato recentemente alla festa svoltasi nell'Opg di Reggio Emilia per la visita di Marco Cavallo, il celebre simbolo del superamento dell'istituzione manicomiale. Ricordando il carattere disumano di questa esperienza, Tilde conclude: «Come funzionassero le cose all'interno dell'Opg non si poteva assolutamente sapere perché gli incontri con Sesto avvenivano in un parlatorio dove non c'era un minimo di privacy. I pazienti stavano tutti insieme dietro un bancone in attesa dell'incontro con i propri familiari mentre al di là del vetro una guardia osservava». Cose da archiviare come appartenenti al passato? Speriamo…
a cura di Enrica Tabarroni