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Paola Dieci: così negli Usa porto la cultura italiana

di Davide Berti
Paola Dieci: così negli Usa porto la cultura italiana

Da due anni è punto di riferimento della scuola di San Francisco visitata da Renzi e diretta da Valentina Imbeni: «Facciamo rivivere le bellezze di casa nostra»

28 settembre 2014
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La scusa è data dall’attualità, e dalla visita del premier Matteo Renzi negli States per visitare le eccellenze italiane. Tra queste anche La Scuola, quella con la “s” maiuscola, formazione bilingue ispirata a Reggio Children, un progetto che ha tanto di modenese. Non solo le scelte architettoniche della Zpz Partners, che ha sede in città, ma soprattutto la direttrice Valentina Imbeni - figlia di Renzo, sindaco di Bologna e parlamentare europeo - e una delle insegnanti, Paola Dieci. Proprio nella classe di Paola il premier si è intrattenuto coi bambini. Paola, 30 anni, è nata e cresciuta a Modena, specializzata in bilinguismo infantile si trasferisce a Londra dopo laurea triennale e specialistica in filosofia e una seconda laurea magistrale in scienze pedagogiche. Lì conosce Valentina Imbeni ed ora è un punto saldo della scuola internazionale di San Francisco.

Quando è iniziata la tua avventura negli Stati Uniti?

«Mi sono trasferita nel 2012, dopo aver ricevuto una proposta di lavoro interessante dalla scuola. Una volta lì me ne sono innamorata».

Come presenti l’Italia agli americani?

«A scuola faccio rivivere le bellezze italiane ai bambini, attraverso la lingua e la nostra cultura: il cibo, l’affetto, il dialogo. L’anno scorso abbiamo fatto un progetto su Pompei, ricostruendo un modello 3 D della città e del Vesuvio e studiando la cultura e la storia romana. Abbiamo anche letto le lettere di Plinio in latino».

Si sentono un po’ italiani?

«La nostra lingua fa da padrona, e i bambini che incontrato ormai tre anni fa, che erano solo bambini americani, ora dicono di essere due cose: sono italiani e americani, hanno imparato l’italiano con me e sono ora perfettamente bilingue, si sentono italiani e sognano di poter avere un passaporto rosso come il mio. Riconoscono quando la pasta è scotta, hanno gusto per il bello e abbracciano tanto, proprio come i bambini italiani».

Come si vive in California?

«A San Francisco ho incontrato un ambiente stimolante e arricchente, le idee nascono ma poi c’è l’entusiasmo di farle crescere e realizzare. Qui vedo le idee diventare realtà».

Nostalgia di casa?

«Tanti italiani abitano la città e nella Silicon Valley, sono quelli che cerco la domenica, quando manca il pranzo in famiglia, e quelli che chiamo quando la mancanza di casa è troppo forte. La nostra bella Italia, così amata dagli americani, manca tanto a tutti. Alcuni non vogliono più tornare. Altri, tanti, come me, sperano un giorno di tornare a casa, arricchiti di idee ed entusiasmi, e di trovare un paese che li accolga e dia loro la possibilità di esprimersi».

Hai un sogno da realizzare?

«Io vorrei un giorno aprire una scuola proprio come questa in cui lavoro, italiana e americana, Reggio approach, una scuola bella dove i bambini sono liberi di fare domande e dove le insegnanti non danno risposte, ma al contrario accompagnano i bambini nell’affascinante percorso di trovare le risposte da soli. Docenti che insegnano ai bambini a pensare, a cercare informazioni, a leggerle, a verificarle e a non avere paura di sbagliare».

Mai nessun imbarazzo con la lingua inglese?

«La lingua non è un problema. L’ho studiata in Inghilterra, anche se l’americano è diverso, ma i bambini mi insegnano e mi correggono. Nella mia classe impariamo anche a scrivere, le lettere sono le stesse ma i suoni sono diversi. Ma i bambini bilingui non sono confusi, loro sanno che “le parole sono le stesse ma in una lingua diversa”, come mi ha spiegato Sofia di 4 anni».

Cosa diresti ad un genitore che deve scegliere il percorso formativo del proprio figlio?

«Sono innamorata del bilinguismo e della capacità di questi bambini di parlare e pensare in due lingue, il loro pensiero è più profondo e sfaccettato, sono è più critici e sanno guardare il mondo da diverse prospettive. Sono i bambini del futuro».

Dall’entusiasmo che trasmetti non sembra tu abbia intenzione di tornare?

«Quello che succede in questa città, a San Francisco, non succede da altre parti del mondo, c’è qualcosa di magico qui. Io qui mi sono innamorata, innamorata della mia terra, delle eccellenze che tutto il mondo ci invidia, della nostra cultura e di un ragazzo che non poteva che essere italiano, non solo italiano ma anche di Modena. Ma tornerò».

@dvdberti

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