Gazzetta di Modena

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Vuole 1,2 milioni da ditta Il giudice blocca la banca

Vuole 1,2 milioni da ditta Il giudice blocca la banca

Sentenza pilota a favore di una impresa di Mirandola e dei quattro fideiussori L’avvocato: «Pretendevano i soldi senza giustificazioni e con interessi usurari»

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MIRANDOLA. Una sentenza che restituisce un po’ di dignità ad una azienda ormai fallita, che risparmia i quattro garanti dal pignoramento dei loro beni e sancisce un principio: se la banca pretende l’indennizzo di presunti debiti da parte delle imprese, deve però motivare bene, documenti alla mano, quegli stessi debiti.

Invece una azienda di Mirandola, molto conosciuta, non solo era incappata in un decreto ingiuntivo non giustificato da un milione e 200mila euro, emesso dalla banca quando l’azienda, del settore costruzioni, era caduta in crisi. Ma per di più sulla base di una perizia di parte è emerso che quella cifra pretesa dalla banca poggiava su interessi da capogiro, usurai.

È su una vicenda delicata di questo tenore che si basa la sentenza del Tribunale di Modena (giudice dottor Paolo Siracusano) con cui viene revocato il decreto ingiuntivo emesso da una nota e grande banca nostrana nei confronti dei fideiussori di una società mirandolese, appunto per oltre 1.200.000 euro.

«In base ai principi che regolano l’onere della prova, ribaditi da recenti sentenze della Corte di Cassazione - spiega meglio l’avvocato Letizia Vescovini, che ha difeso i quattro fideiussori nel ricorso contro il decreto - la banca che domanda il pagamento del saldo debitore del conto corrente, ha l’onere di dimostrare l’esistenza e la consistenza del proprio credito mediante la produzione del contratto di conto corrente da cui esso è sorto, nonché delle scritture contabili di riferimento, vale a dire degli estratti conto relativi all'intera durata del rapporto, dall'apertura all'estinzione del conto perché solo esaminando tutti gli estratti conto si può verificare se il saldo finale è corretto. Come ha ribadito la «Corte di Cassazione nella sentenza 21466 del 2013, nei rapporti bancari in conto corrente la banca ha l'onere di produrre gli estratti a partire dall’apertura del conto; né la banca può sottrarsi a tale onere invocando l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre 10 anni, perché non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito».

I quattro fideiussori hanno pertanto presentato opposizione al decreto ingiuntivo, sostenendo che la banca non aveva prodotto al giudice il contratto di conto corrente e tutti gli estratti conto dall’apertura del rapporto, necessari per verificare la regolarità degli importi addebitati, tra cui anche l'applicazione di interessi anatocistici ed usurari.

«Il Tribunale di Modena - conclude l’avvocato Letizia Vescovini - ha accolto l’opposizione sostenendo che non fosse possibile verificare la giustificazione del saldo richiesto dalla banca e depurarlo dagli interessi anatocistici in quanto la banca gravata dell'onere della prova non ha provveduto a produrre tutti gli estratti conto». Una decisione che non ha salvato l’azienda, ma rappresenta un freno ad un fenomeno dilagante, attraverso cui le banche affossano i loro clienti in crisi e le le persone che - come in questo caso, tutte conosciutissimi mirandolesi - avevano garantito l’azienda presso la banca.

Alberto Setti