«Venti bambini scomparsi per un’ingiustizia di Stato»

di Alberto Setti
«Venti bambini scomparsi per un’ingiustizia di Stato»

Finale. Lorena Morselli racconta la sua odissea durata 16 anni. Poi l’assoluzione «Mai più visti i miei figli ma non sono gli unici “rapiti” in quell’errore giudiziario»

27 dicembre 2014
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«Ci sono venti bambini della Bassa modenese scomparsi nel nulla, “rapiti” a causa di un grossolano errore di Stato. Venti bambini che le loro famiglie non hanno più visto. Neppure il genitore di Massa che venne assolto fin da subito, senza tutto il calvario che abbiamo passato noi. Ecco, il mio pensiero oggi va a quei bambini, compresi i nostri figli. Bambini che, dopo tanto tempo, hanno quasi trent’anni...». A Salernes, nella Francia del Sud dove vive da quasi vent’anni con il quinto figlio Stefano, Lorena Morselli si sfoga così.

Dopo l’assoluzione del 4 dicembre in Cassazione a Roma, ha preparato il suo Natale andando e venendo dalla sua Italia, dalla sua Massa Finalese. Viaggi per incontrare i parenti che le sono rimasti, gli avvocati, o anche solo per partecipare alle trasmissioni televisive che ora, dopo tanto tempo, ne raccontano l’incredibile, drammatica vicenda.

Quella di una madre accusata prima di non essersi accorta che i primi quattro figli venivano rapiti dai parenti nella notte, nel palazzone dove vivevano, in pieno centro a Massa, per essere condotti nei cimiteri, a partecipare dei più incredibili abusi pedofilo-satanisti. Poi, a fronte delle rimostranze per quelle accuse strampalate, imputata di avere assistito inerme e collaborativa al marito che abusava sistematicamente di quei figli. Fantasie senza prove, cancellate dopo 16 anni da una giustizia talmente lenta e credulona da essere comunque ingiustizia.

«Ora vivo e agirò perchè quello che è accaduto a me non accada mai più ad altri», dice con convinzione Lorena. Consapevole che purtroppo non sarà così, perchè esperienze identiche ne erano accadute prima nel mondo civile e anche dopo, in Italia. Esperienze che finiscono per rivelarsi un favore di Stato enorme ai pedofili, quelli veri. L’unica, inevitabile, azione possibile non sarà il pur necessario ristoro mediatico di questi giorni, ma una controffensiva nel campo stesso - quello giudiziario - che le ha sconvolto la vita, strappandole anche il marito Delfino, deceduto di crepacuore un anno fa proprio a Salernes dove si era recato a trovare moglie e figlio. Delfino, come molti alri in questa storiaccia, è stato vinto dal dolore di una battaglia interminabile, prima di saperla vinta. Così i legali di Lorena stanno preparando una azione di risarcimento. Imbarazzante per la giustizia, un’azione temuta e tenuta lontana con certi giri di parole che si colgono nelle prime sentenze che hanno fatto crollare il muro di quella vicenda incredibile. Non tutto il muro, va detto, perchè nel frattempo, nella maturazione di una consapevolezza, c’è chi una condanna - tanto indiziaria quanto definitiva - non è riuscito a schivarla. «Alla questione del risarcimento stanno lavorando gli avvocati, in questa fase preferisco non se ne parli. Ogni volta che abbiamo lottato per la verità qualcuno si è prodigato per impedirlo, screditandoci», dice Lorena, chiudendo il discorso sul maxi risarcimento.

Perchè lei, la maestra dell’asilo parrocchiale, 55 anni oggi, su certe cose vorrebbe anche mettere la pietra della rassegnazione: «Qui in Francia, dove sono stata accolta benissimo e con sincerità, me la cavo facendo le pulizie. Non ho mai pensato di tornare in Italia ad insegnare, o di farlo qui. Il trauma è stato tale che pensare di accudire i bambini di altri genitori, sapendo come è facile trovarsi in un inferno, ti toglie ogni forza». Anche quella di tornare in Italia: «Per ora la mia vita è qui, a Salernes. Lo faccio per Stefano. Per salvarlo dai Servizi Sociali sono fuggita, e lui è cresciuto qui. Gli amici, la sua vita sono qui. E io mi adeguo, perchè la gente mi ha accolto con rispetto e dignità. Un domani, vedremo, ma dovrà essere lui a decidere...».

A Massa Lorena tornerà anche il 28 dicembre: «Siamo stati invitati dal parroco, don J. Jacques, alla Messa di ringraziamento che sarà celebrata domenica alle 10.30. Spero ci sarà anche don Ettore, che ci è stato sempre vicino. A Finale associazioni di genitori hanno chiesto di indicare il modo per aiutarmi», aggiunge Lorena ringraziando.

A Massa ci sarà anche per salutare sua mamma Lina, che ha 81 anni e in questa vicenda si è vista sconvolgere la vita: il marito morto Enzo di dolore, la nuora morta in carcere, il genero Delfino morto a Salernes dopo uno dei suoi tanti viaggi verso la Francia... Poi la tragedia dei nipoti scomparsi.

«Dei sette nipoti che ha - chiosa Lorena - l’unico rimasto è Stefano. Mia madre, che non è mai stata indagata, gli altri sei non li ha mai potuti rivedere. I regali che gli faceva recapitare venivano rispediti indietro... C’è voluta e ci vuole solo la sua immensa fede, per resistere a tutto questo». Il pensiero va così a quel 12 novembre del 1998, più di sedici anni fa. L’ultima volta che Lorena e Delfino hanno visto i loro bimbi da genitori. «Alle 5.30 del mattino ci siamo trovati la polizia in casa. C’era l’ispettore Pagano che ci leggeva stralci dell’ordinanza del tribunale, senza che capissimo nulla. Ci ritrovammo in Commissariato a Mirandola, io ero nell’anticamera con i miei bambini, Delfino era salito con la psicologa Mambrini. Nella stanza con noi c’era anche la Donati, la giovane psicologa da cui è partito tutto questo... Facevano di tutto per provocarci, per accusarmi di essere una madre insensibile in quanto non volevo separarmi dai bambini. Li guardavo, quei bambini. Ero sconvolta, capivo che non li avrei mai più rivisti. Loro piangevano, sconvolti, così vinta da quelle provocazioni salii anch’io le scale. Mi trovai davanti Delfino che piangeva e Burgoni dell’Ausl che mi leggeva il decreto del tribunale, nel quale ci accusavano di non averli accuditi, consentendo che venissero prelevati di notte e portati nei cimiteri. Avevano creduto ai racconti della mia nipotina, allontanata a sua volta dalla famiglia, a sua volta sconvolta e confusa come sarebbero stati poi tutti i bambini di questa vicenda. Chiesi per l’ultima volta di vedere i miei figli, ma mi fu negato. Il resto lo sapete».

Ma da madre Lorena si preoccupa ancora. «È stato un dramma anche per loro e per quello che sono stati indotti a dire e pensare. Oggi il più piccolo ha vent’anni, la più grande 27. So che non hanno di certo avuto una vita facile, so che qualcuno sta trovando un lavoro, ma che risultano ancora studenti, ciò che consente agli affidatari di ricevere gli indennizzi. Vorrei far loro sapere che la mamma è qui, innocente e che li pensa sempre. Come il loro fratello Stefano, che aspetta di conoscerli e di riconciliarsi».

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