Cda e consigli sospetti, la procura all’attacco
Stretta degli investigatori sui cambi societari utili a tornare nella white list Ascoltato Ventura della prefettura e si punta a Giovanardi: «Non vedo l’ora»
La strategia della Direzione distrettuale antimafia è ormai chiara: i magistrati non hanno intenzione di fermarsi di fronte ai 107 arresti, ma vogliono sfruttare lo stato di choc in cui l’organizzazione è caduta per andare ancora più in profondità, magari utilizzando il “si salvi chi può” per raccogliere confidenze o cogliere di sorpresa indagati spiazzati. In quest’ottica si inserisce il blitz di venerdì pomeriggio in prefettura a Modena quando il procuratore di Bologna, Roberto Alfonso, i due pm della Dda Marco Mescolini e Beatrice Ronchi e i vertici dei carabinieri provinciali hanno ascoltato come persona informata sui fatti l’ex viceprefetto Mario Ventura, oggi capo di Gabinetto della Prefettura. Ventura si è occupato a lungo proprio delle iscrizioni alla white list, facendo da ponte tra l’ex prefetto Benedetto Basile (colui che escluse tra le altre la Bianchini Costruzioni e la F.lli Baraldi) e l’attuale prefetto, Michele Di Bari.
A Ventura gli inquirenti hanno domandato delucidazioni soprattutto sui consigli che alcuni dirigenti di viale Martiri hanno offerto - ci sono lettere che confermano questa collaborazione - alle imprese escluse dalla white list per poter essere riammesse. Emblematici sono proprio i casi della F.lli Baraldi e della Bianchini. Per l’impresa di Staggia furono necessari almeno due passaggi di quote societarie che formalmente esclusero Claudio Baraldi, il quale in ultimo venne sostituito alla guida dell’azienda da Carlo Albano, già segretario generale di alcuni Comuni della Bassa. La stessa strategia venne “suggerita” anche ad Augusto Bianchini che cedette le quote ai suoi stessi familiari mentre come amministratore delegato arrivò Giuseppe Silvestri, altro professionista stimato e conosciuto in Provincia. Ma per l’impresa di San Felice anche la trasformazione non bastò a convincere l’inquirenti del Gruppo Interforze che ribadirono la propria opposizione al reinserimento della Bianchini nella white list. In occasione di quelle riunioni qualche dirigente della prefettura provò più volte a sostenere l’istanza dell’impresa di costruzioni e su questo i magistrati hanno chiesto conto. Perché - si sono chiesti - da una parte il prefetto dice che le risultanze investigative sono l’unica pietra miliare su cui si fondono i provvedimenti di iscrizione o esclusione e poi altri esponenti della stessa istituzione cercano di contrastare le risultanze del Girer? Ci sono state pressioni a favore di Bianchini e semmai ci fossero state chi le ha avanzate? E a questi quesiti c’è soltanto una risposta: semmai ci fosse stato pressing sarebbe comunque arrivato da molto in alto, da chi potrebbe decidere il futuro professionale di molti dirigenti della prefettura.
Domande che nel corso dell’incontro di venerdì sera sono state poste agli interlocutori, Ventura in testa. Così come nella riflessione generale dei pm è insito il dubbio di quale motivo sottenda il forte sostegno del senatore Giovanardi alla famiglia Bianchini. «Non stiamo parlando di Al Capone - ha detto ieri il senatore - ma tutt’al più di un pasticcione. Non capisco come lo si possa accusare di essere un punto di riferimento della famiglia ’ndranghetista. Voglio leggere le 1300 pagine dell’ordinanza, ma sinceramente continuo a ritenere inadeguato e controproducente il sistema delle white list. Alla fine la Bianchini è in concordato preventivo e i problemi economici derivano anche dall’interdittiva prefettizia. Abbiamo sempre detto e l’ha confermato anche il governo che i figli non devono pagare le eventuali colpe dei padri ed invece Alessandro Bianchini ha ricevuto la stessa esclusione riservata a suo papà. Per fortuna che sono riuscito a far inserire il commissario straordinario per dare continuità alle imprese interdette, ma abbiamo visto quanti casi di bocciatura sono stati poi cancellati: penso alla F.lli Baraldi, alla Lami e alla Ge.Co».
Il senatore poi già immagina un colloquio chiarificatore con la Procura, incontro che potrebbe anche avvenire a breve se vale la logica per cui si ascoltano le persone informate sui fatti. E Giovanardi incarna perfettamente questo profilo, conoscendo Bianchini da anni e avendo sostenuto da subito la sua vertenza. «Magari mi convocassero - si augura - ho sempre fatto fino in fondo il mio dovere, denunciando cose che non andavano o difendendo persone che ritenevo innocenti come nel caso dei Covezzi di Massa».
Da Roma Giovanardi ha seguito con attenzione tutta l’operazione dell’Antimafia e ha preso contatti con diverse persone in quel momento presenti sul territorio per monitorare la situazione e farsi un quadro chiaro e dettagliato che a oggi lo vede combattente pressoché solitario a difesa dell’amico Bianchini.