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M5S: «Scuole, via il wifi: è un pericolo»

di Marcello Radighieri
M5S: «Scuole, via il wifi: è un pericolo»

Richiesta alla Regione: «Gli studenti troppo esposti alle onde elettromagnetiche». L’esperto: «Non ci sono prove»

11 aprile 2015
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Via il Wi-fi dalle scuole, almeno in via precauzionale. È la proposta lanciata ieri in Regione dai 5 stelle, attraverso una risoluzione a firma del consigliere Gianluca Sassi e della capogruppo Giulia Gibertoni. Una risoluzione che, spiega proprio quest’ultima, pensata soprattutto per gli asili nido, ma che finisce per coinvolgere tutti i gradi della scuola dell’obbligo. E che, continua la mirandolese, sollecita anche ulteriori studi sull’argomento. Una richiesta, ancora, che nasce dal basso, e che non sarebbe altro che «un modo per rispondere alle segnalazioni dei cittadini». In tanti, soprattutto tra i comitati dei genitori, avrebbero infatti mostrato «preoccupazione per l’eccessiva esposizione dei loro figli alle onde generate dalle tecnologie wireless».

Preoccupazioni legittime, secondo la Gibertoni, tenendo conto della letteratura scientifica finora pubblicata. La capogruppo 5 stelle fa in particolare riferimento ad una ricerca condotta in luoghi pubblici da Fiorenzo Marinelli dell’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr di Bologna, che già oggi offrirebbe «indicazioni sui molteplici effetti che questo tipo di emissioni possono avere a livello cellulare ed enzimatico, suggerendo la necessità di applicare un principio di precauzione nelle esposizioni». Ed è proprio da questo “principio di precauzione” che i pentastellati vogliono partire. «Niente allarmismi, ci mancherebbe altro». Ma dato che «è stato sollevato un dubbio, occorre rispondere». Come? Sostituendo le connessioni wi-fi con impianti via cavo. A partire dai nidi e dalle scuole d’infanzia, certo, ma anche in tutti gli istituti primari di primo e secondo grado. Inoltre, aggiungono ancora Sassi e Gibertoni, occorre «monitorare costantemente, tramite i servizi competenti delle Asl, il livello di emissione ed esposizione ai campi elettromagnetici in tutte le scuole fino alla definitiva attuazione del piano, dandone informazione ai genitori». La Regione «ha le competenze per dare questo tipo di risposte». Insomma, considerati i dubbi della comunità scientifica e le preoccupazioni dei genitori, si vuole giocare d’anticipo. «Facciamo un monitoraggio serio, implementiamo questi studi. Nel frattempo, tuteliamo la fascia più debole». Anche perché queste pratiche non sarebbero totalmente nuove. «In alcuni Paesi, come l’Inghilterra, la Francia e la Germania il Wi-Fi è stato già eliminato da scuole e luoghi pubblici». Un riferimento alle scelte operate da alcuni comuni – in particolare Francoforte e Parigi, che sostituì questo tipo di impianti già nel 2007 in quattro biblioteche – e «all’invito della Merkel a preferire la connessione via cavo».

Il mondo scientifico, però, è piuttosto compatto sull’argomento, e ribadisce che «non ci sono prove». Almeno secondo Fabrizio Maria Gobba, professore associato di Medicina del Lavoro. Che, citando l’Istituto Superiore di Sanità, spiega che mancano « evidenze scientifiche di danni alla salute dei campi generati dai sistemi WiFi». Certo, in letteratura è possibile trovare «alcune ricerche che sollevano dei dubbi in merito». Ma in generale i grandi gruppi di studio sembrano orientarsi in questa direzione – compreso, aggiunge Gobba, il documento presentato proprio quest’anno dal gruppo Scenihr della Comunità Europea. E se è vero che «non si può mai considerare completamente chiuso un campo di ricerca», è altrettanto vero che sull’argomento sarebbero già state realizzate centinaia di analisi. «Non credo che ulteriori ricerche, ora come ora, siano di una priorità elevata».