Gazzetta di Modena

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Festival Filosofia 2015

«A chi spetta fissare i diritti?»

di Chiara Bazzani
«A chi spetta fissare i diritti?»

Gustavo Zagrebelsky: decidono i giovani o i vecchi? Il criterio è la responsabilità

20 settembre 2015
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«Nelle nostre società in nome di cosa tanto si parla di nuova generazione contrapposta alla vecchia? Sempre più spesso i vecchi confessano il loro sentirsi “fuori luogo”», con queste domande ha aperto la sua lectio magistralis, dal titolo “Patto generazionale”, Gustavo Zagrebelsky, Presidente emerito della Corte Costituzionale e professore di Teoria del Diritto Costituzionale presso l'Università di Torino.

Zagrebelsky ha affrontato il tema dei diritti in un ottica generazionale rilevando un problema di fondo delle società contemporanee orientate all'efficienza e alla produttività che produce una frattura nel sistema democratico che esse stesse hanno contribuito a creare. L'identità delle nostre società oscilla tra due poli opposti, quella del successo e della competitività incarnata dai giovani, e quella del fallimento, incarnata dai vecchi che sono lenti.

«Costoro, i lenti possono accampare diritti in base a cosa dunque? - ha domandato Zagrebelsky - Noi viviamo in un’epoca aperta dalle rivoluzioni liberali dove i diritti umani non conoscono differenze tra le età della vita. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del '48 dice che tutti nascono liberi e uguali in dignità e diritti, ma non sottintende affatto che dopo la nascita i diritti possano ridursi o addirittura cancellarsi nel volgere della vita. I diritti hanno un costo sociale e fin dall'antichità gli individui nati o divenuti inutili venivano soppressi. L'esempio è dato recentemente dalle teorie eugenetiche del nazismo. Questo lato oscuro della legge della vita e della morte si è cercato di eliminarlo ma non è affatto estinto», ha ammonito Zagrebelsky.

Il mito della produttività della crescita e dello sviluppo ha creato un sistema che la società moderna non è più in grado di reggere. Con un excursus relativo a ciò che è accaduto sull'Isola di Pasqua Zagrebelsky ha mostrato che la “religione della crescita” è come una miccia a fuoco lento che giunge a compimento. «Per soddisfare manie di potenza e grandezza immediate l'Isola di Pasqua è stata desertificata e sfruttata in maniera sconsiderata, non si è fatto caso alle necessità del domani, ogni generazione si è comportata come se fosse l'ultima in una specie di utopia a rovescio. L'Isola di Pasqua è un monito – ha avvertito Zagrebelsky - I paralleli che si possono tracciare con il mondo moderno sono così ovvi da apparirci agghiaccianti». L'idea sottesa che ha portato a questo esito catastrofico è che la terra appartiene alla generazione vivente mentre è necessario ragionare nell'ottica di una terra intesa come patrimonio per le generazioni future. «Nel 1979 un oceanografo promosse una dichiarazione dei diritti delle generazioni future, per cui chi non c'è ancora è pur titolare di diritti. Sennonché il diritto costituzionale incontra una difficoltà: il diritto soggettivo presuppone un titolare presente, ma le generazioni future non hanno alcun titolare».

La soluzione per Zagrebelsky è che il costituzionalismo del diritto deve porsi su nuovo livello, quello della morale e scoprire i doveri e la responsabilità. «Ora la domanda è: sono più idonei a prendere in considerazione le conseguenze dell'agire i giovani o i vecchi? Lascio questa domanda senza risposta – ha concluso Zagrebelsky - ma considero che i giovani sono più legati all'etica della convinzione, nel senso di andare fino in fondo senza considerare le conseguenze, mentre i vecchi sono più legati all'etica della conseguenza, ne hanno già viste di tutti i colori, hanno a che fare con figli e nipoti ed è probabile che si preoccupino delle generazioni future».

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