Mafia, il fumetto di “Gea” la racconta ai ragazzi di Modena
Georgia Vecchione ha disegnato la storia della corruzione e degli affari delle cosche nella nostra terra. La pubblicazione viene regalata alle scuole
Un fumetto che parla di mafie destinato ai giovanissimi, stampato in 3mila copie e pronto per essere regalato alle scuole che ne faranno richiesta; un fumetto che potrà essere un grimaldello per fare breccia nella sensibilità degli studenti; un fumetto che in modo semplice e diretto racconta un’Emilia Romagna colonizzata dalle organizzazioni criminali. È quello disegnata da Georgia Vecchione, 25 anni, laureata in Sviluppo e Cooperazione internazionale, ora impegnata nella laurea magistrale in Relazioni internazionali mentre affianca il padre nella gestione del bar Nevada a Modena.
“Gea” ha cancellato lo stereotipo del mafioso con la coppola, in modo semplice e preciso traccia la storia della malavita organizzata nella nostra terra e da modenese trae spunto dai fatti geminiani: ecco allora la costruzione delle case popolari affidata ad imprese sospette, oppure la lunga e annosa battaglia di Franco Zavatti, referente della Cgil, a favore della legalità. Ma nel fumetto entrano anche imprenditori, politici, beni confiscati e statistiche. Perché le mafie non sono solo omicidi e violenza, anzi con il tempo si sono trasformate in centri gestionali di potere economico dove la grandezza e la potenza si misura attraverso i conti correnti e la capacità di incidere sulle scelte politiche piuttosto che sulla capacità di fare fuoco.
Ma il progetto “Mafie in Emilia Romagna illustrate ai ragazzi” sarebbe rimasto soltanto un bel sogno riposto nel cassetto se non ci fosse stato il convinto impegno di alcuni gruppi ben radicati nel territorio, che hanno fatto della legalità diffusa e della conoscenza antimafia condivisa il loro valore principale: AdEst , il gruppo antimafia Pio La Torre e il gruppo dello Zuccherificio, motore e produttore del dossier “Emilia Romagna cose nostre – storie di un biennio di mafie in Emilia Romagna” che a febbraio diffonderanno il nuovo dossier “Tra la via Aemilia ed il West - storie di mafie, convivenze e malaffare in E.R.".
«Nasce come un seme, ed in maniera casuale, in una delle tante tappe del tour “Radici Resistenti” per la presentazione di “Emilia Romagna cose nostre – storia di un biennio di mafie in Emilia Romagna”, quando alla giusta domanda “andate nelle scuole?” rispondemmo con sincerità “non quanto vorremmo” – si legge nella prefazione del fumetto - La scuola è un baluardo molto fragile contro la pubblicità e la demagogia, come affermava Pennac: “La nostra è una lotta impari. Da alcune generazioni, l'offensiva della pubblicità educa i nostri studenti a diventare dei consumatori più che delle menti libere e dei cittadini”. Non di meno noi accettiamo la sfida perché, come Calamandrei, crediamo che la scuola, specialmente quella pubblica, sia la base della democrazia e della Costituzione. Siamo convinti che la cultura sia il miglior antidoto alle barbarie che ci circondano ed in particolar modo nei confronti della criminalità organizzata».
«Ma non è facile riuscire ad essere invitati nelle scuole e quando questo avviene, spesso dopo aver convinto non con poca fatica Dirigenti scolastici ed insegnanti che parlare di mafie è parlare di attualità, nell'impatto con i ragazzi viene a galla un problema di linguaggio, di approccio che rende le discussioni tronche e la condivisione figlia unicamente di esperienze vissute in prima persona dalle famiglie di qualche alunno, sfuggite al nord per evitare la pressione mafiosa. Questo, tuttavia, ancora una volta circoscrive l'ambito della criminalità, ridimensionando a problema individuale un dramma collettivo e alimentando quella teoria assolutoria propria di tutto il settentrione che la mafia si c'è, ma è un problema degli altri. Questo fumetto supera il problema di linguaggio, unisce alle parole le immagini, restituisce con pochi segni la realtà di una regione con 11 cosche mafiose in attività e parla per voce di quegli animali vittime anche loro del sistema mafioso, perché quando si cementifica un pezzo di bosco, s'inquina una falda, si sotterrano rifiuti per opere utili solo al riciclaggio di denaro dei clan i primi a farne le spese, tra il disinteresse generale, sono loro».