Processo Aemilia, sotto esame le società di Giglio

Fatture false, truffe a carosello, prestanome o presunti tali. Nella quarta udienza del processo Aemilia, l’ora è quella dei primi testimoni dell’accusa. E di uno dei temi dell’inchiesta sulla...

30 aprile 2016
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Fatture false, truffe a carosello, prestanome o presunti tali. Nella quarta udienza del processo Aemilia, l’ora è quella dei primi testimoni dell’accusa. E di uno dei temi dell’inchiesta sulla ’ndrangheta che maggiormente coinvolge “i reggiani”: gli affari, ma quelli “furbetti” dei castelli di carte per creare operazioni inesistenti e sottrarre all’Erario i soldi dell’Iva e delle tasse. Sono le 11 quando davanti alla Corte siede il primo teste: è il maresciallo Carlo Romano, del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Reggio Emilia. Sotto la lente un’azienda: la C.d.i. Technology, con sede a Gualtieri. Secondo le carte dell’inchiesta, si tratta di una delle società che Giuseppe Giglio - ora pentito e condannato in primo grado in abbreviato a 12 anni di carcere - e il maranellese Paolo Pelaggi - condannato venerdì scorso a un anno e 6 mesi - usava in uno «strutturato sistema di fatturazioni per operazioni inesistenti». Si torna in aula mercoledì: la lista dei testi della pubblica accusa, elencati ieri in aula dal pm antimafia Marco Mescolini, conta una ventina di nomi. L’attenzione è ancora sulle società.