White list, c’è una talpa in Prefettura?

di Francesco Dondi
White list, c’è una talpa in Prefettura?

Bianchini avvisato a tempo di record sulle istanze rigettate e gli “investigatori” della Safi aggiornati sui movimenti interni

05 maggio 2016
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La Safi, la società di investigazioni a cui la F.lli Baraldi prima e la Bianchini Costruzioni poi pagarono rispettivamente 50mila e 24mila euro per tornare in white list, rimane tuttora un lato oscuro dell’imponente inchiesta Aemilia. Sull’attività sospetta il senatore Giovanardi informò la Procura di Modena e la Guardia di Finanza, ma è la Safi a tessere le fila nei rapporti tra imprese interdette e Prefettura di Modena. Si è già detto delle domande poste dai magistrati Antimafia al Capo di Gabinetto, Mario Ventura, che nell’interregno tra i due Prefetti firmò il reintegro in white list della F.lli Baraldi. E si è raccontato di come i due rappresentanti della Safi - tali Ilaria e Alessandro - erano stati notati mentre si aggiravano tra i corridoi della sede dello Stato in viale Martiri senza che nessuno cercasse di capire chi fossero prima ancora di cosa volessero. Ma la sensazione che i due fossero comunque persone conosciute, i magistrati della Dda lo evincono anche da alcune testimonianze rese da persone non indagate, ma ascoltate come “informate sui fatti”. È il caso del nuovo presidente del Consiglio d’amministrazione della Bianchini Costruzioni. Fu nominato dopo l’esclusione dalla white list, provando ad emulare il risultato positivo ottenuto dalla F.lli Baraldi: fuori gli amministratori sospettati e dentro figure autorevoli nei ruoli di rappresentanza. A Staggia è il caso della nomina di Carlo Albano, a San Felice, su suggerimento dello stesso Albano, di Giuseppe Silvestri. Il cambio ai vertici, da quanto si apprende dalle carte dell’inchiesta, fu indicato ad Augusto Bianchini proprio dalla Safi. I 24mila euro pagati con un assegno, anche quello finito agli atti, non hanno però portato benefici all’impresa familiare, anzi i Bianchini, durante i colloqui in carcere, si ripromettono di parlare il meno possibile della vicenda. I motivi restano sconosciuti.

Eppure Silvestri, così come Bruna Braga, la moglie di Augusto Bianchini, perdono via via fiducia nei due “investigatori”. Prima di tutto perché, dopo essersi avvocati i rapporti con alcuni clienti dell’impresa di costruzione, si venne a sapere che, spacciandosi per “finanzieri o persone legate alla Finanza”, avevano minacciato di controlli i fornitori che non avessero assecondato le necessità della Bianchini. Un atteggiamento che Silvestri, uomo stimato e di alto valore morale, non condivide tanto che, appena intuisce le millanterie della Safi, sceglie di prendere l’iniziativa. Vuole traghettare la Bianchini di nuovo in white list e l’unico modo è avere contatti diretti con la Prefettura. Con Alessandro Bianchini decide allora di presentarsi in viale Martiri, ma accade qualcosa di strano. Alessandro della Safi lo contatta in tempo reale e lo diffida a qualsiasi azione. «Ci raggiunse poco dopo - racconta il consulente ai carabinieri - Era evidente che qualcuno della Prefettura gli avesse segnalato la nostra presenza in loco. Ci redarguì a chiare lettere, dicendo che non dovevamo avere nessun rapporto diretto con la Prefettura e che dovevamo passare attraverso di loro”.

Qualcuno aveva telefonato all’uomo della Safi per avvertirlo. Una talpa? Magari la stessa talpa che aggiornava la famiglia Bianchini di ogni decisione presa dal Gruppo Interforze che continuava a rigettare le loro richieste di riammissione in white list e a cui, pur scrivendo ufficialmente al Prefetto, i Bianchini controreplicavano nelle successive istanze. Una talpa, come quella che chiamò la Cpl appena arrivò il certificato Antimafia tanto atteso dalla cooperativa di Concordia.