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Modena, Bottura: "Nuovi refettori per smuovere le coscienze"

di Carlo Gregori
Modena, Bottura: "Nuovi refettori per smuovere le coscienze"

Intervista a Massimo Bottura, lo chef dell'Osteria Francescana di Modena: «Al meeting italo-tedesco di Maranello mentre parlavo la cancelliera Angela Merkel era attentissima, si è divertita e mi ha detto: "Lei non crea piatti ma storie da mangiare". Questi incontri di stato a tavola, consueti in Francia, sono salutari per la nostra diplomazia. La rete dei refettori per poveri ora arriva a Berlino: è la Cultura che responsabilizza e smuove le coscienze. A Modena si potrebbe fare in via Leodoino. L'artista dei graffiti Paz è disposto ad affrescarlo»

02 settembre 2016
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MODENA «Contrariamente a quanto si immagina, il cancelliere Angela Merkel è una donna estremamente attenta agli argomenti dell'interlocutore. Quando le parli, ti fissa negli occhi e non molla lo sguardo. Sì, l'ho fatta sorridere, l'ho messa a suo agio ed è stato davvero piacevole. È andata pazza per i magnum di fois gras, ha capito lo scherzo ai francesi. Ho apprezzato molto il suo commento: “Herr Bottura, i suoi non sono piatti, sono storie mangiabili!”»

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Massimo Bottura, chef e patron dell'Osteria Francescana di Modena, si prende una mattina di pausa dopo la maratona del meeting Italia-Germania alla Ferrari di Maranello. Una cena finita con la Merkel rilassata e allegra che ha chiesto lei stessa di avere una foto ricordo con lo staff dell'Osteria Francescana. E oggi lo chef sarà a Berlino a parlare in pubblico dell'apertura di un altro refettorio per poveri. Un'idea che sta creando una rete internazionale. In una pausa al vicino Mon Cafè parliamo di questi due poli opposti tra cucina e politica: le mense per i poveri e le cene tra capi di stato.

Partiamo da Rio.

«Vorrei ricordare la chiusura dell'articolo di Andrew Jackson sul New York Times: una abitante di una favela, Conceição, dice di non aver mai mangiato così bene per 40 anni e un altro ospite dice di essersi sentito felice perché lui e sua moglie sono stati trattati come principi. Tutto questo a Rio dove la miseria e la violenza convivono isolate dai quartieri ricchi. Rio è stata la mia vacanza estiva che ha realizzato un sogno che è anche il sogno di questa gente abituata a una vita durissima, spesso a frugare tra i rifiuti per sopravvivere. Noi abbiamo preso gli scarti delle olimpiadi e li abbiamo cucinati solo per loro. E il progetto oggi va avanti».

Questa esperienza del refettorio interessa ai neoliberisti come la Merkel, politici che non si sono mai preoccupati delle fasce povere?

«Mi pare di sì. La Merkel e il suo ministro dell'interno erano molto interessati. Mi pare che qualcosa stia cambiando: ascoltavano con attenzione incredibile quello che Renzi e Delrio raccontavano sul refettorio di Expo».

Non è un'idea diffusa tra chi crede nel libero mercato...

«Ma ci credo io. Vengo da una terra, l'Emilia, che ha un lunga storia e una coscienza nel sociale. Tutti i nostri produttori migliori sono consorziati e se non lo fossero sarebbero da tempo spariti. Io sono cresciuto nella cultura dell'aiuto reciproco e dell'attenzione agli altri. E oggi, dopo aver ricevuto ogni riconoscimento possibile in campo professionale, per me è arrivato il momento di restituire agli altri, di accendere i riflettori su chi ha meno o è in grave difficoltà».

Questa idea è maturata da pochi anni.

«In realtà, quando mi sono avvicinato a Slow Food ho condiviso le idee di Petrini. Poi è stato il momento in cui sono stato catturato da Joseph Beuys, un grande artista tedesco, che mi ha insegnato non solo a leggere l'arte contemporanea ma a capire la scultura come gesto sociale. Il passo successivo è stato pensare come Beuys ma al mio lavoro e immaginare la cucina come gesto sociale. Con il mio piatto “estense” ho cercato di denunciare l'abbandono del Po. Da allora ho fatto così. La mia filosofia resta sempre quella: comprimere in bocconi masticabili un passione. Accanto a ciò si è sviluppata un mia coscienza sociale sullo spreco».

Una critica che spesso le muovono è che il suo interesse per i poveri copra una cattiva coscienza. In fondo, lei è il cuoco delle elite più potenti.

«Cattiva coscienza? Non credo. Credo invece a quello che hanno detto gli ospiti dei refettori, loro sì hanno titolo per dare un giudizio. Molti non hanno ancora capito che non voglio fare beneficenza. Io voglio cambiare le cose mettendo in campo conoscenze e mezzi, anche finanziari. Se ho aperto la Francescana per Zuckenberg, l'Ad di Facebook, è solo per la grande donazione che ha fatto a questi progetti di sviluppo sociale. Ma vorrei passare all'aspetto importante di questa critica. Io non ho scoperto niente. Si è sempre detto che gli scarti sono un grave problema e il cibo va riutilizzato perché è giusto che sia così. Lo dicono cuochi, politici, filosofi e lo dicevano già le nonne. Io ho cercato di andare oltre alle belle parole e fare qualcosa di concreto. L'ho fatto consapevolmente. È la cultura che ti cambia perché porta coscienza che suscita consapevolezza e da qui discende un senso di responsabilità. Ai refettori collaborano i più grandi artisti, designer, architetti. Anche loro lavorano ogni giorno per le elite, ma qui lavorano per dare dignità ai poveri che vengono a mangiare trattati “come principi”. A Rio tutto il mobilio è stato fatto e regalato dai Campanas Bros, i più grandi designer brasiliani. Questo movimento di professionisti sta diventando planetario. È questo che voglio sottolineare: si sta formando una rete mondiale per creare refettori, spesso senza che io li solleciti. A Montreal ne aprirà uno sopra il Mercato coperto italiano, a Los Angeles addirittura a Skid Row, una delle zone più pericolose d'America. Anche a Modena».

A che punto è il progetto?

“Va avanti. Si parla di farlo in via Leodoino accanto alla Mensa dei poveri della Curia. C'è una bella cappella antica, verrà restaurata. Paz, un grande artista del graffito, mi ha già detto che verrà ad “affrescarla”. Ecco, questo è lo spirito giusto: ognuno mette del suo. Questo per me è un gesto cul-tu-ra-le. E la Merkel lo ha capito».

Passiamo al polo opposto. Prima Hollande, ora la Merkel. Hanno senso queste cene di stato?

«Sì. Per la prima volta noi italiani siamo al passo coi francesi. Prima di Renzi non si erano mai fatte cene del genere. Oggi in Italia la diplomazia, come in Francia, si fa anche a tavola. Si mostra il meglio del proprio Paese. Noi a Modena abbiamo “slow food e fast cars”, c'è la Francescana e c'è la Ferrari e la Merkel è rimasta colpita. È un'ottima strategia promozionale e sono contento che Renzi prosegua questa esperienza, a lui va tutto il merito per averla adottata. L'avevo capito anni fa quando Jean Todt veniva in Francescana per chiudere affari importanti. Ogni volta evitava discorsi di lavoro e parlava di cucina e altro. Solo alla fine, in un'atmosfera di piacevole relax, Todt introduceva l'argomento-chiave. È toccata a me, poi toccherà ad altri colleghi, ma è un modo importante per far conoscere l'Italia nel suo aspetto migliore».

Cosa pensa del populismo? Spesso la attaccano sui social.

«Non mi interessano quei discorsi. Mi interessa di più che i ragazzi usino i cellulari ma poi leggano un buon libro. Mi interessa che restino i giornali di carta con articoli seri, che si discuta a ragion veduta, che si trasmetta cultura vera».

Netflix viene a Modena a girare due puntate del telefilm “Master of None”.

«Aziz Ansari è rimasto un mese e mezzo in ritiro in un B&B qui in centro e ci vedevamo tutti i giorni. È diventato un grande amico. Gli ho fatto vedere tutto di Modena. Ora Aziz è tornato spontaneamente con questo progetto e la troupe. Ma vi rendete conto? Modena sarà vista per due o tre puntate in tutto il mondo! Non è pazzesco? Tutti parleranno di noi e vedranno una città magnifica. Vedrete cosa succederà! E il turismo secondo me da noi sta già decollando per la prima volta».

A proposito, abbiamo saputo che la Francescana oggi ha aperto le prenotazioni per dicembre e sono già concluse.

«Ma sarà così per tutti, a cascata. Anche qui al Mon Caffè sono già chiuse e le chiamate arriveranno ad altri ristoranti. Questo è il cambiamento: portare Modena al centro del mondo».