Gazzetta di Modena

Modena

Processo Aemilia, In scena la disorganizzazione di Finale

dall’inviato Francesco Dondi
Processo Aemilia, In scena la disorganizzazione di Finale

Tanti “non ricordo” imbarazzati tra i dipendenti. Boetti e Poletti confermano l’illegalità diffusa nell’ufficio Lavori pubblici

10 marzo 2017
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REGGIO EMILIA. La malavita organizzata non si è infiltrata in Comune a Finale e non è riuscita neppure a condizionare la vita politica e amministrativa: lo aveva già sancito la commissione d’accesso prefettizia, che però aveva evidenziato il diffuso disordine organizzativo. Che puntuale è emerso ieri nell’udienza del processo “Aemilia”, tutta dedicata ai rapporti tra la famiglia Bianchini e il municipio. Tra documenti mancanti, anche piuttosto importanti visto che si trattava di certificazione antimafia, contratti stipulati a distanza di mesi dalla conclusione dei cantieri pubblici, mancata comunicazione tra Uffici e diversi “non ricordo”quella sensazione di illegalità latente è emersa in tutta la propria forza. A sollevarla, primo testimone della lunga serie, è stato Maurizio Poletti, ex capo dell’opposizione, che durante una appassionata testimonianza ha ricordato le 70 determine che riguardano aziende non ancora inserite nella graduatoria della white list al momento dei lavori con richieste postume in 44 casi e addirittura 26 senza neppure domande di iscrizione. E sempre Poletti ha attaccato l’ufficio Lavori pubblici e il suo ex capo, Giulio Gerrini, per la sospetta strategia di aver elaborato cinque determine di affidamento lavori alla Ios di Alessandro Bianchini nel medesimo giorno in cui l’impresa depositava la richiesta antimafia. «Mi dissero che intralciavo i lavori, bloccavo la ricostruzione e l’attività amministrativa - - spiega ai giudici l’ex consigliere - ma io segnalavo le irregolarità palesi, finite poi nei vari esposti».
Il ruolo di Gerrini e della Bianchini costruzioni è poi sviscerato da Maurizio Boetti. L’attuale presidente del Consiglio, chiamato in Aual nel tardissimo pomeriggio, offre una panoramica sui rapporti tra Bianchini e il Comune (partendo da un credito di un milione di euro che l’impresa - o meglio una finanziaria - vantava nel 2011) per finire alla testimonianza diretta di aver visto i macchinari dell’azienda sanfeliciana nel cantiere dell’urbanizzazione di viale Della Rinascita anche nei giorni successivi all’esclusione dalla white list. Testimonianze che lasciano sbigottiti un po’ tutti, ma che fanno poi il paio con le incertezze dei dipendenti comunali, che spiegano di aver appreso dell’interdittiva ai Bianchini soltanto diverso tempo dopo e di aver firmato atti di pagamento su sollecitazione di Gerrini e senza porsi il dubbio della regolarità (“non sempre c’erano tutti i documenti e i certificati”). Testimonianze vaghe, infarcite di “non ricordo” in netto contrastato con quanto raccontato ai carabinieri in veste di “persone informate sui fatti”. Il pm Marco Mescolini cerca di stimolare la memoria, rileggendo alcuni passaggi salienti, ma talvolta senza arrivare al risultato. Il tutto mentre gli avvocati difensori dei Bianchini, Giulio Garuti e Simone Bonfante, non possono che apprezzare visto che il dominio dei Bianchini sul Comune di Finale traballa proprio grazie agli stessi comunali.