Gazzetta di Modena

Modena

Quando la tomba di Dino fu profanata 

Edda Ansaloni
 Quando la tomba di Dino fu profanata 

Il tentativo di rapire Enzo ha un precedente in quello del figlio, fallito solo all’ultimo momento

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Prima la morte e poi la profanazione della tomba del figlio Dino. Alcuni dei più stretti collaboratori di Enzo Ferrari ricordano ancora oggi il giorno in cui il Commendatore (come loro lo hanno sempre chiamato) venne informato della profanazione della tomba di suo figlio Alfredo, conosciuto però come Dino, morto il 30 giugno 1956, a soli 24 anni, a causa della distrofia muscolare. Un gesto vile e criminale che segnò il Drake.
«Ferrari venne informato dai carabinieri- spiega Brenda Vernor, la sua segretaria- uscì dall’ufficio insieme a Franco Gozzi. Di questo argomento non ne parlammo più, perché il Commendatore era molto riservato e difficilmente manifestava le sue emozioni. Sono però certa che quello sia stato molto un momento molto difficile per lui».
Chi ricorda, invece, ogni minimo particolare di quel giorno è Valerio Stradi, che fu di Enzo Ferrari il segretario personale: «Il tentativo di furto della salma di Dino fu un colpo molto duro per l’Ingegnere, che non si sarebbe mai aspettato di dover affrontare un momento così difficile: la tomba fu violata, la bara aperta, ma il corpo di Dino non era ancora decomposto, visto che si era conservato integro e i ladri non riuscirono a portarlo via, anche perché per uscire dal cimitero di San Cataldo, avrebbero dovuto scavalcare il muro di cinta e un conto era farlo con un sacco di ossa e un altro con un corpo».
«A quel tempo il cancello che chiude la cappella della famiglia Ferrari era molto più basso di oggi (meno di due metri) e fu per questo che fu possibile per quei ladri poter entrare tranquillamente e effettuare quel gesto così sacrilego- prosegue Stradi- dopo quella bruttissima esperienza, la prima cosa che fece Enzo Ferrari fu quella di alzare proprio quel cancello, che attualmente arriva sino al soffitto della cappella, così da chiuderla completamente. A conferma di quanto dolore portò al Commendatore la profanazione della tomba del figlio, è bene ricordare che da quel giorno non fu più messa a disposizione di nessuno la chiave che dava accesso alla cappella di famiglia. Prima di quel fatto noi prendevamo la chiave in portineria e poi andavamo tranquillamente al cimitero da Dino, ma dopo quell’evento terribile quella chiave non fu più a disposizione».