Da Savignano alla Bassa per gli appalti E le minacce con il consenso di Bolognino

Da Savignano alla Bassa per gli appalti E le minacce con il consenso di Bolognino

Vantava parentele e amicizie. In particolare uno zio ,autista del fratello del boss Costanzo, capo della cosca dei “Gaglianesi”, ovvero con quelli che sono all’Università. Era il modo per indicare i...

07 aprile 2017
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Vantava parentele e amicizie. In particolare uno zio ,autista del fratello del boss Costanzo, capo della cosca dei “Gaglianesi”, ovvero con quelli che sono all’Università. Era il modo per indicare i boss in carcere, specie quelli che da là continuavano a comandare.
Ieri al processo è emersa anche la figura di Antonio Scozzafava, imprenditore con base operativa a Savignano sul Panaro, per due ditte con sede legale nei paraggi. Era Scozzafava che nel cantiere di Finale Emilia aveva ricevuto una sorta di “subappalto” abusivo da Michele Bolognino. Scozzafava dalle intercettazioni risulta aver tentato di farsi consegnare dei soldi da Bianchini, per pagamenti in ritardo, dopo avere chiesto il permesso di minacciare Bianchini allo stesso Bolognino. E Bianchini dalle intercettazioni risulta avere tentato di svicolare, finchè Scozzafava prima assolda un “avvisatore”, poi affronta Bianchini con due accompagnatori nel cortile dell’azienda. Nelle intercettazioni ambientali emerge però - secondo i carabinieri - il patto con Bolognino: «L’accordo l’ho preso con Bolognino, devo rendere partecipe anche lui della vostra richiesta, se lui è d’accordo, nessun problema», dice Bianchini al terzetto. Siamo nel 2012, quando in una prima fase si intensificano i tentativi di entrare negli appalti della ricostruzione. E per la gente che sbarca nella Bassa ha dei valori sacrali rispetto alla cosca: «La “famiglia” non si tocca», viene certificato in una intercettazione.