Gazzetta di Modena

Modena

Nel dopo sisma 1000 ditte da fuori Modena 

Nel dopo sisma 1000 ditte da fuori Modena 

La testimonianza di Beccati (Cgil): «E da allora compromessi i diritti: dai cantieri ci buttano fuori»

19 aprile 2017
2 MINUTI DI LETTURA





REGGIO EMILIA. Oltre mille aziende edili sbarcate nel modenese dopo il sisma, con conseguenze devastanti per l’imprenditoria locale, già colpita dalla crisi.
«A fronte di un massiccio incremento di aziende, abbiamo registrato una progressione nella crisi e nella cassa integrazione delle ditte modenesi dell’edilizia».
Parole pesanti come macigni quelle sganciate ieri su Aemilia dalla Cgil, che (a differenza dei sindaci) è uscita decisamente dagli schemi del perbenismo politico-istituzionale per raccontare ai giudici del processo, con la viva voce dei suoi più autorevoli esponenti modenesi e regionali, il sottobosco di degradanti perdite di diritti sindacali che ha accompagnato la ricostruzione.
A significare che in quel contesto di degrado hanno avuto buon gioco anche le aziende più collegate alle mafie, quelle che poi piazzavano operai-schiavi nei cantieri.
«Dove - ha raccontato più nei dettagli Marcello Beccati - ci siamo trovati i lucchetti chiusi in faccia. Dove venivamo visti come “organo di disturbo”. Dove è comparsa la figura anomala dell’anticipo. Ovvero di un presunto acconto in busta paga ai lavoratori che poi, quando venivano licenziati, confessavano di non avere mai ricevuto quei soldi».
Proprio su questo si è discusso nelle precedenti udienze a riguardo della “squadra” inviata da Michele Bolognino (che ieri ha ascoltato dal carcere la testimonianza, ribattendo) presso la Bianchini di San Felice . «Dove - ha spiegato Beccati - prima del sisma avevamo 13 iscritti, che con la ricostruzione si sono progressivamente ridotti a tre, nonostante il nostro impegno a garantire ai lavoratori, anche dopo la esclusione dalla white list, la garanzia della cassa integrazione».
Beccati, rispondendo agli avvocati di parte civile Ronchi e Mancuso, ha raccontato che nonostante la progressiva parcellizzazione a Modena, nel 2012, c’erano ancora una ventina di imprese edili con più di 50 dipendenti, ha raccontato dell’esposto contro la “anomala” comparsa della Safi al tavolo delle trattative Baraldi presso l’Ance, trattandosi di consulenti che garantivano non si sa come di poter far riammettere alla white list. L’attuale reggente provinciale della Cgil - su stringenti domande del presidente della corte, dottor Caruso - ha segnalato che le difficoltà sindacali più grosse (dai lucchetti alla impossibilità di parlare con i lavoratori all’insegna del «qui non dovete farvi vedere») nel post sisma le hanno avute con le ditte che arrivavano dalla Calabria e dalla Campania.
E che si sono resi necessari controlli presso le due casse edili provinciali (dove chiunque lavori nel modenese deve versare i contributi) ed esposti contro ditte irregolari i cui nomi verranno presto forniti alla corte del processo Aemilia. (a.setti)