Giorgio Rinaldi: «Vi svelo i segreti del Modenese: la nobile lingua dei nostri nonni»
Esperto di glottologia ed etimologia è autore di una guida per imparare a parlare dialetto
Si intitola “Leggere e scrivere in dialetto modenese” la grammatica, edita da Il Fiorino, uscita dal lavoro di studio e ricerca del professor Giorgio Rinaldi che ha impiegato cinque anni per la realizzazione del volume.
Professor Rinaldi, quando è nato il suo interesse per il dialetto?
«Il dialetto l’ho appreso innanzitutto dalla nonna a cui ho voluto dedicare questo mio ultimo lavoro. Il libro però è dedicato anche a mia figlia Claudia come auspicio a non dimenticare questa nostra antica e nobile lingua, quasi si trattasse di un passaggio di testimone, visto che i giovani d’oggi tendono sempre più a non parlare e a non comprendere il dialetto. Questa lingua mi ricorda l’infanzia e l’adolescenza, quando coi compagni di gioco e di scuola si parlava quasi esclusivamente dialetto. Anche dopo la laurea in Lettere ho frequentato un corso di glottologia, tenuto dal prof. Francesco Coco, e durante l’attività di insegnante ho svolto coi ragazzi, e poi per conto mio, ricerche sul dialetto e sul folclore locale. Assieme a mia moglie abbiamo pubblicato diversi libri, molti dei quali basati su testimonianze dirette di contadini e di protagonisti degli ultimi avvenimenti storici del nostro territorio. E tutte queste testimonianze, riportate in appunti e registrazioni, erano nei vari dialetti parlati dagli intervistati. Ho poi compiuto ricerche sulle etimologie dialettali e la toponomastica, a volte anche col consiglio del prof. Franco Violi e mi sono interessato alle ricerche sul dialetto del dott. Attilio Neri di Vignola, dato che il dialetto in cui son nato è quello vignolese».
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Cos’è per lei il dialetto?
«È una lingua antica, nobilissima e autonoma, con una propria grammatica in cui emerge una fonologia diversa, più complessa ed articolata dell’italiano. E con questo desidero sfatare il concetto che il dialetto sia una lingua volgare o, come ancora alcuni credono, un italiano scorretto. Il nostro dialetto deriva, come l’italiano, dal latino, ma presenta anche un substrato più antico e tante parole che derivano dalle lingue di coloro che, nell’arco della storia, occuparono il nostro territorio. Inoltre si dice “dialetto modenese” ma sarebbe più corretto parlare di sottodialetti della provincia di Modena che presentano numerose varietà o varianti. Nel Modenese, infatti, oltre al sottodialetto modenese (centrale e mediano) ci sono almeno cinque altri sottodialetti, a cui ho accennato in questa grammatica».
Perché nasce questa grammatica?
«Visto che si tratta di una lingua diversa dall’italiano, ho sentito l’esigenza di descrivere il dialetto in modo semplice, ma rispettoso sia delle forme che delle pronunce. Questo perché molti, in realtà, scrivono il dialetto così come lo sentono ma senza seguire regole. È per questo che il dialetto sembra di difficile scrittura e soprattutto lettura. Ma bastano piccoli e semplici accorgimenti per superare gli ostacoli della fusione o separazione logica dei vari elementi grammaticali e dell’eliminazione del raddoppiamento consonantico interno che, in quasi tutti i dialetti dell’Italia settentrionale, non esistono. In quanto alle diverse pronunce ho ritenuto doveroso conciliare i segni degli accenti, col maggior numero di suoni che presenta il dialetto rispetto all’italiano».
La stesura la ha impegnata per molto tempo?
«Sì, è da più di cinque anni che ho iniziato la ricerca per questo lavoro. Ho preso in considerazione coloro che hanno studiato il dialetto prima di me, partendo dal Pullè e dal Bertoni e poi via via fino ai più recenti, tra cui Rovatti, Marri, Benozzo, Vitali e tanti altri che sono citati nel testo e nella bibliografia. Ho intervistato numerose persone in giro per la provincia perché ho confrontato le varianti delle parlate dialettali presenti dal Mirandolese al Fiumalbino».
Come è strutturata questa sua pubblicazione?
«Si tratta di una grammatica con una funzione teorico/esplicativa ed una pratica, quest’ultima rappresentata soprattutto da centinaia di esempi. Alcune regole non sono rigide, perché vogliono tener conto di quanto già altri, appartenenti ad altre aree fonetiche, hanno espresso in modo chiaro, allo stesso tempo vengono accettati o assorbiti altri segni grafici, che non danno adito ad equivoci».
Quali novità presenta questa grammatica?
«È uno studio molto ragionato di tutte le forme dialettali confrontate con l’italiano, evidenziandone ed analizzandone le differenze. Ho cercato di ottenere un sistema grafico semplice e pratico, ma al tempo stesso immediato e, per quanto possibile, fedele alla pronuncia reale, tenendo anche conto dei moderni mezzi di scrittura (Internet, smartphone). Spesso accanto alla pronuncia del modenese centrale ho riportato molte particolarità e varianti degli altri sottodialetti presenti nel territorio provinciale».
LA SCHEDA - UNA GRAMMATICA LUNGA 5 ANNI
Il prof. Giorgio Rinaldi, 73 anni, è studioso di storia e tradizioni locali, dedito da quarant'anni alla divulgazione della conoscenza della cultura contadina emiliano-romagnola attraverso conferenze, presentazioni, concerti dialettali, seminari. Rinaldi si è laureato in Lettere nel 1969 a Bologna ed ha approfondito la filologia romanza e l’etimologia. Studia il dialetto modenese consultandosi continuamente con stimati esperti del settore e da 11 anni è l’esperto dialettale della fortunata trasmissione televisiva “Mo Pensa Te” di Trc, condotta da Barbi Andrea. È consulente dialettale per molte associazioni, cura le rubriche di etimologia per il mensile on line www.folclorecontadino.it ed è docente di dialetto modenese presso Università Popolari del modenese. Ha al suo attivo una trentina di pubblicazioni di storia locale e folclore (alcune delle quali scritte insieme a sua moglie Sara Prati). Sia Giorgio che Sara sono stati insegnanti di lettere. L'originalità della metodologia didattica del prof. Rinaldi è insegnare non solo a parlare dialetto, ma soprattutto a scriverlo e leggerlo. “Leggere e scrivere in dialetto modenese”, Edizioni Il Fiorino, è la prima grammatica che dà indicazioni sul modo più semplice di scrivere e leggere il dialetto partendo da un’analisi approfondita della fonetica, della morfologia e della sintassi. Per la prima volta si prendono in considerazione le varianti dei diversi dialetti della provinci, rendendo con pochi accenti le varie pronunce. Numerosi disegni corredano il testo, eseguiti dallo stesso Rinaldi che usa una tecnica particolare: diluisce i colori con il Lambrusco.
A parte le cose più strettamente connesse alla grammatica vi sono anche altre informazioni o curiosità?
«Sì. In molte parti ho trattato anche di etimologia, di modi di dire, di verbi ed espressioni particolari, ho parlato dell’origine dei cognomi e degli scutmài, di come un tempo ci si salutava e si facevano gli auguri ecc.».