l’accusa di collegamento con la mafia
«Sapeva di Bolognino e Giglio ma minimizzava l’infiltrazione»
Il senatore Carlo Giovanardi è componente della Commissione Parlamentare Antimafia.La circostanza che sia indagato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna rende questa inchiesta...
28 aprile 2017
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Il senatore Carlo Giovanardi è componente della Commissione Parlamentare Antimafia.
La circostanza che sia indagato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna rende questa inchiesta particolarmente scomoda. E delicata.
Al punto che il difensore del dottor Mario Ventura, l’avvocato Alessandro Sivelli, ha definito questa aggravante “al di là del bene e del male”, intendendo come totalmente incredibile che Giovanardi possa avere favorito una associazione mafiosa. A tenere agganciato Giovanardi alla Procura antimafia di Bologna (che altrimenti dovrebbe passare gli atti alla Procura di Modena) è la contestazione del famoso articolo 7, ovvero dell’aggravante di avere aiutato gente coinvolta in (o da) una associazione mafiosa. In questo caso i Bianchini.
Giovanardi sul punto si è difeso, sostenendo che da quando ha appreso che c’erano contestazioni penali di questo tipo ha abbandonato i Bianchini, dai quali aveva sempre preteso onestà e candore, per poterli difendere. Per i magistrati Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, invece, l’aggravante sussiste: «Essendo noti e chiari a tutti gli indagati i rapporti dei Bianchini, perlomeno con Michele Bolognino, Giuseppe e Giulio Giglio...». si tratta di nomi rilevanti nel clan sotto processo a Reggio. E di quei rapporti sapeva anche Giovanardi - accusa in sostanza la Dda - che ne era venuto a conoscenza a seguito della lettura degli atti del procedimento amministrativo sui Bianchini, nel quale erano infatti confluite note su questi temi della Direzione Distrettuale Antimafia.
Giovanardi lo sapeva anche a seguito delle informazioni assunte dagli stessi Bianchini, i quali - in un video di Alessandro Bianchini - informano il senatore delle false fatturazioni che avevano organizzato con Giglio. Ovvero Pino Giglio, già condannato a Bologna, oggi in carcere e primo pentito dell’inchiesta Aemilia.
Di più: per la Dda è rilevante una mail inviata a novembre del 2014 da Simone Fraulini (dipendente della Bianchini) a Giovanardi. Si trattava di una bozza di una ulteriore istanza alla Prefettura, che il politico modenese doveva “sistemare”.
Ebbene Giovanardi elimina dalla bozza gran parte dei riferimenti espliciti a Michele Bolognino, che - prima di Aemilia - era già stato in carcere anni, per mafia. Una correzione «a riprova - accusa la Dda - della piena consapevolezza del senatore della gravità del tema». Ovvero di quelle infiltrazioni mafiose che invece aveva sempre pubblicamente «disconosciuto» e «minimizzato».
Ecco, anche solo questo aspetto per la Dda potrebbe profilare l’articolo 7: il darsi da fare per i Bianchini, disconoscendo il rilievo penale e la esistenza dell’associazione di stampo mafioso in Emilia, poteva tenere aperte le porte delle infiltrazioni negli appalti pubblici, essendo peraltro proprio questo l’oggetto delle interdittive adottate dalla Prefettura. E pervicacemente contestate da Giovanardi. (ase)
La circostanza che sia indagato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna rende questa inchiesta particolarmente scomoda. E delicata.
Al punto che il difensore del dottor Mario Ventura, l’avvocato Alessandro Sivelli, ha definito questa aggravante “al di là del bene e del male”, intendendo come totalmente incredibile che Giovanardi possa avere favorito una associazione mafiosa. A tenere agganciato Giovanardi alla Procura antimafia di Bologna (che altrimenti dovrebbe passare gli atti alla Procura di Modena) è la contestazione del famoso articolo 7, ovvero dell’aggravante di avere aiutato gente coinvolta in (o da) una associazione mafiosa. In questo caso i Bianchini.
Giovanardi sul punto si è difeso, sostenendo che da quando ha appreso che c’erano contestazioni penali di questo tipo ha abbandonato i Bianchini, dai quali aveva sempre preteso onestà e candore, per poterli difendere. Per i magistrati Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, invece, l’aggravante sussiste: «Essendo noti e chiari a tutti gli indagati i rapporti dei Bianchini, perlomeno con Michele Bolognino, Giuseppe e Giulio Giglio...». si tratta di nomi rilevanti nel clan sotto processo a Reggio. E di quei rapporti sapeva anche Giovanardi - accusa in sostanza la Dda - che ne era venuto a conoscenza a seguito della lettura degli atti del procedimento amministrativo sui Bianchini, nel quale erano infatti confluite note su questi temi della Direzione Distrettuale Antimafia.
Giovanardi lo sapeva anche a seguito delle informazioni assunte dagli stessi Bianchini, i quali - in un video di Alessandro Bianchini - informano il senatore delle false fatturazioni che avevano organizzato con Giglio. Ovvero Pino Giglio, già condannato a Bologna, oggi in carcere e primo pentito dell’inchiesta Aemilia.
Di più: per la Dda è rilevante una mail inviata a novembre del 2014 da Simone Fraulini (dipendente della Bianchini) a Giovanardi. Si trattava di una bozza di una ulteriore istanza alla Prefettura, che il politico modenese doveva “sistemare”.
Ebbene Giovanardi elimina dalla bozza gran parte dei riferimenti espliciti a Michele Bolognino, che - prima di Aemilia - era già stato in carcere anni, per mafia. Una correzione «a riprova - accusa la Dda - della piena consapevolezza del senatore della gravità del tema». Ovvero di quelle infiltrazioni mafiose che invece aveva sempre pubblicamente «disconosciuto» e «minimizzato».
Ecco, anche solo questo aspetto per la Dda potrebbe profilare l’articolo 7: il darsi da fare per i Bianchini, disconoscendo il rilievo penale e la esistenza dell’associazione di stampo mafioso in Emilia, poteva tenere aperte le porte delle infiltrazioni negli appalti pubblici, essendo peraltro proprio questo l’oggetto delle interdittive adottate dalla Prefettura. E pervicacemente contestate da Giovanardi. (ase)