Gazzetta di Modena

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Mirandola, «Il Leonardo della sanità? È Mario, viene dalla Bassa»

di Gianluca Pedrazzi
Mirandola, «Il Leonardo della sanità? È Mario, viene dalla Bassa»

In mille con la squadra dei suoi collaboratori per l’addio a Veronesi Il ricordo di Bellini: «Un uomo unico, mai ovvio». Tutto il biomedicale presente

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MIRANDOLA. Primo comandamento: usare il presente. Perchè “Mario era non esiste”. «Mario è», dice nella chiesa gremita e incapace di tenere tutta la sua gente che sfida anche il caldo torrido pur di dargli l’ultimo saluto, Gianni Bellini oggi a capo della Rand ma soprattutto quello che - più degli altri componenti della Bella Squadra che con Veronesi diede vita al distretto biomedicale - è destinato a raccogliere l’ideale testimone di chi ideò la Valley della Salute. Qui tra campi di grano che ondeggiano e i lunghi rettilinei di asfalto che il sole trasforma in miraggi. Il verbo per l’addio a Mario Veronesi, abbracciato dalla Bassa è il presente. Con lo sguardo rivolto al futuro. Come il Dottore avrebbe voluto. Tra lacrime e sorrisi. Sacro e profano. Specchio di questa terra.

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Come quando il nipote Oliviero, ai titoli di coda della funzione funebre ricorda il nonno partendo da un tema scritto a scuola alle Medie e che doveva riassumere le sue domeniche in famiglia: “Le mie domeniche le passiamo tutti con i nonni Bianca e Mario. Quando io faccio qualcosa che non va lui capo tavola mi dice “Non fare il cretino che di natura lo sei già...”. E tutte le volte ci ripete: “Studiate ragazzi perchè altrimenti finite a Pegognaga... città dei maiali!”. Grazie di tutti gli insegnamenti nonno. Sei un grande!”, dice commosso. Commosso come chi lo ha preceduto, Gianni Bellini, uno dei “titolari” del “Dream team del biomedicale” che la Bassa ha trasformato creando un distretto dell’eccellenza nel settore della sanità. «Mario è un grande. Non era un grande. Lui è ancora qui. Lo è in quello che ha lasciato. Nelle generazioni di imprenditori, lavoratori che ha creato. Nel bene che ha disseminato come uomo e come imprenditore. Buonarotti e Da Vinci non li chiamavano e non li chiamiamo col loro cognome ma perchè grandi solo col nome. E nella Bassa se dici Mario dici uno solo. “Al dutor Veronesi”. “Il dottore della Mirandola” - ricorda Bellini faticando a trattenere la commozione - Contagioso, irrequieto, pragmatico, ironico, un esempio, l’uomo delle teorie e delle intuizioni, incalzante, sognatore. Mai ovvio. Mai banale. E solo in apparenza burbero, serio perché di cuori grandi come il suo non ce ne sono. Lui è l’uomo del “fare non dire”. “Del fare bene”. “Fare presto e fare anche per gli altri”. “Quello che fai per te scompare. Quello che fai per gli altri resta...».

E pragmatico, realista com’era - svela Bellini nel suo ricordo - Mario Veronesi un mese fa intuendo che il suo capolinea era vicino alla fine, aveva chiamato per l’ultimo saluto tutti i reduci della Bella Squadra di amici che lo aveva accompagnato nella sfida». E di sicuro ha dato altri consigli. Corre Claudio Trazzi, che del Dottore era il braccio destro, ad abbracciare Bellini. E piangono tra la gente di Mario i componenti della Bella Squadra. Per due giorni la Bassa ha fatto la fila per dargli l’ultimo saluto. Era il 1962 quando iniziò in un garage. È il 2017 - e con in mezzo un terremoto che cinque anni fa le aveva ferite ma non fermate - quando il distretto corre più forte di prima a due passi dalla chiesa di via Posta. Sì. Hanno ragione Bellini e il nipote Oliviero. Il passato oggi parlando di Mario non esiste. Non va usato. Contano il presente e il futuro che lui ha lasciato ai mirandolesi di oggi e quelli di domani. Che da un puntino sperduto nella campagna emiliana continuano nel nome di Mario a salvare malati in giro per il mondo. Vi sembra poco?