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MODENA. Otto coltellate, al fianco, all’addome e al collo. Poi ha infierito sul corpo evirando i genitali che ha messo all’interno di un sacchetto di cellophane a sua volta deposto su un piattino da caffè e riposto dentro al frigo. Poi, dopo aver deposto l’arma del delitto, un coltello da cucina neanche tanto grande, ha chiamato la polizia: «Venite, ho ucciso il mio compagno a coltellate». Verona Popescu, cinquant’anni, rumena, ex badante e con un figlio di ventuno anni, nell’attesa dell’ambulanza e delle forze dell’ordine, si è cambiata, si è lavata e poi ha aperto la porta al personale del 118 e agli agenti della Volante, che hanno lasciato integra la scena del crimine. La donna, nell’attesa, stava guardando la tv. Aveva solo dei tagli alle mani, che probabilmente si era procurata quando lui, il suo compagno ha in tutti modi cercato di difendersi dai colpi strappandole il coltello.
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A terra, in un lago di sangue che si estendeva per tutto il pavimento del bagno il suo compagno, Claudio Palladino, 63 anni, manager della ditta Manitou Italia di Castelfranco. Stavano insieme da quattordici anni, da quando l'uomo si era separato dalla moglie dalla cui relazione era nata una figlia. La sua nuova compagna era una persona “di famiglia”, nel senso che la donna rumena era stata per anni la badante di suo padre proprio in quell’appartamento, al terzo piano di via mar Adriatico, dove verso le 6 dell’altra mattina si è consumato il delitto. Alla morte dei genitori infatti la coppia si era stabilita in quell’appartamento, a detta dei vicini, piuttosto piccolo. Cosa ha spinto Verona ad uccidere Claudio, quale sarebbe il movente? La donna, che ha subito confessato alla polizia di aver ucciso il suo compagno, ha spiegato, in modo abbastanza chiaro, la dinamica dell’accaduto, cioè come ha ammazzato l’uomo; ma ha poi ha fornito una motivazione che la procura, che ha ascoltato la donna nelle fasi subito dopo l’omicidio e l’arresto, ha definito quanto meno “fantasiosa”.
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A quanto pare la donna avrebbe dato la colpa alle persone che complottano contro le sorti del mondo, quelle che cospirano, che hanno come obiettivo l’inquinare l’acqua, i cibi e l’aria. Un piano nato, a suo dire, per colpa dei nazisti, che anche la Germania di adesso porta avanti. Insomma lei, a forza di sentire queste cose, sarebbe finita in stato confusionale e avrebbe agito, per colpa “loro”, in questo modo, arrivando ad uccidere il suo compagno. Sta di fatto che l’avvocato d’ufficio chiamato a difenderla, ha immediatamente dichiarato che chiederà la perizia psichiatrica per la donna per fare luce sulle sue capacità mentali.
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In ogni caso l’altra mattina era, in quell’abitazione in via Mar Adriatico 170, la “solita” mattina. Nel cortile l’Audi grigio metallizzata che aspettava Claudio Palladino per il solito tragitto verso la ditta di Castelfranco oppure in giro per l’Italia per motivi di lavoro, le 5 e mezza quando lei si alza dal letto e va in cucina iniziando a preparare la colazione e lui che si alza per prepararsi. Tutto come sempre, ma questa volta va in scena la follia. La donna ha iniziato come sempre a preparare la colazione, poi ha afferrato il coltello e, come lei stessa ha raccontato alla squadra mobile della questura e al magistrato della procura di Modena che si occupa di questo caso, Lucia De Santis, ha inferto una decina di coltellate al suo compagno. Otto pare, e tra queste forse più di una mortale. Poi l’evirazione, il “rituale” macabro e dai particolari sconcertanti, e alla fine la chiamata in cui confessa sin da subito dicendo di venire in casa perché aveva ucciso il suo compagno. Il corpo senza vita di Claudio Palladino è stato trovato nel bagno, a volto in su e tutto coperto di sangue. L’autopsia, che verrà effettuata a giorni, una volta nominati i periti, farà chiarezza sui fendenti, sulle coltellate più o meno mortali. La cinquantenne Verona Popescu è stata subito portata in questura e, come detto, è stata arrestata in flagranza di reato, reo-confessa: è accusata di omicidio volontario aggravato. Ora si trova in carcere al Sant’Anna. Lunedì si terrà l’interrogatorio di garanzia.