Se il rum è una questione di vita per un modenese
Il modenese Leonardo Pinto è l’inventore dell’unico grande festival che raccoglie appassionati e produttori
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MODENA È la classica frase che abbiamo sentito pronunciare tante volte, dal collega, nei film, “Mollo tutto e vado ai Caraibi”, la voglia di cambiare vita che accarezza ogni essere umano nel corso della propria esistenza, tutto questo per il modenese Leonardo Pinto, residente a Castelnuovo, è diventato realtà. Dipendente presso un’azienda locale, nel 2004, spinto dalla sua grande passione per il rum, decide, insieme alla compagna Alessandra di partire e andare a visitare i luoghi dove nasce uno dei distillati più famosi del mondo, i Caraibi. Oggi Leonardo Pinto è esperto assaggiatore di Rum, ha un sito web “Isla de Rum” dove si occupa appunto di rum (dalla vendita ai corsi e formazione) ma soprattutto ha fondato il primo e unico grande festival italiano dedicato al Rum, che si terrà oggi e domani a Roma e che richiama esperti e appassionati da tutto il mondo.
Leonardo, partiamo dal principio, da dove nasce la sua passione per il rum?
«Tutto è iniziato molti anni fa, ero un ragazzo di 18 anni e stavo ancora studiando. Ho incontrato una persona di un bar della zona e mi ha fatto assaggiare un tipo di rum e lì è scattato qualcosa, come quando incontri l’anima gemella che senti che ti stai già innamorando dal primo approccio. Così ho iniziato a informarmi, era la fine degli anni Novanta e internet funzionava poco, e poi il rum non era un argomento attuale e non interessava praticamente a nessuno».
Quindi come ha fatto?
«Ho iniziato a chiamare diverse distillerie per intervistarli e avvicinarmi quindi a quel mondo. Alcuni mi dicevano di no altri invece erano disponibili. L’obiettivo era quello di raccogliere più informazioni possibili per farmi una cultura a riguardo. Poi, all’inizio del 2003, in pieno sviluppo di internet e dei famosi blog, ho aperto “Isla de Rum” dove mi divertivo a scrivere le mie informazioni e nozioni pur continuando a fare un altro lavoro, per me era ancora una passione».
In che modo l’ha trasformata in un lavoro a tempo pieno?
«Alcuni amici mi chiesero di fare una degustazione e per me fu bellissimo. Passammo la serata a degustare e parlare di rum. Poi verso la fine del 2004 la mia compagna mi disse “ma perché non lo fai diventare il tuo lavoro?” All’inizio fui perplesso, più che altro perché eravamo in piena crisi e io avevo un posto stabile. Però alla fine pensandoci bene ho deciso di lanciarmi, così ho mollato il lavoro e sono partito per i Caraibi».
Quando si pensa mollo tutto e parto, lei l’ha fatto per davvero…
«Esatto, ho preso la mia liquidazione e ho girato in lungo e in largo i Caraibi, bussando alle porte e andando a scoprire distillerie. Abbiamo passato, io e la mia compagna, quattro mesi, 4 o 5 giorni per isola, girandole tutte. Sono tornato in Italia con un bagaglio di esperienza e tanti contatti. Dopodiché ho iniziato a girare vari festival entrando nel giro del commercio del rum. Ho avuto l’onore anche di conoscere e avere un grande mentore come Silvano Samaroli, venuto a mancare quest’anno, un grande esperto, sia di whisky che di rum. Una persona con una visione unica. Con lui mi sono confrontato più volte anche sull’esigenza di avere un festival del rum qui Italia e proprio lui mi disse: “Se non c’è fallo tu!”. E così è arrivato un altro grande step della mia carriera: “ShowRum, Italian Rum Festival”.
Si terrà proprio in questi giorni a Roma, di cosa di tratta?
«Si è diventato negli anni un punto di riferimento italiano. Ci saranno quattro aree espositive per degustazioni, la STC - ShowRUM Tasting Competition, i cocktail dei migliori bartender, masterclass e seminari, ma anche la ShowRUM Cocktail Week, il Premio dedicato a Silvano Samaroli e il Trade Day, per la quinta edizione del festival sempre diretta da me, uno dei più grandi eventi al mondo dedicati al rum e alla cachaca. Negli è cresciuto diventando una realtà importante e ne sono felice». +