Modena. In via Gallucci un "salotto" in cui si gioca corteggiando il passato
Un negozio unico nel suo genere quello di Andrea Piccinini che è un salotto dove non si vende o si compra Ammesso solo lo scambio e guardare cullati dalla memoria
MODENA. “L’altro ieri un ragazzino di dodici anni mi ha chiesto: che cos’è quello?”. Quello indicato da Andrea è un televisore Brionvega degli anni 60. Anni che saranno stati pure favolosi ma che, dalle nuove generazioni, vengono registrati alla voce età della pietra.
La domanda è d’uopo: il vintage è prerogativa esclusiva delle anime malinconiche? Niente affatto. È per chiunque voglia ancora giocare alla stregua di un bambino circondato da veri propri oggetti di culto. Indimenticabili perché parlano di noi, di come eravamo o di chi saremmo stati se fossimo vissuti in un’altra epoca. Cose che non si identificano tanto nella loro funzione quanto nel loro suggestivo racconto condito con una buona dose di gaiezza e quanto basta di inevitabile nostalgia.
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Ecco dunque le intriganti fonovaligie entrate in voga negli anni Cinquanta poi marcate strette dai giradischi Grunding del decennio successivo, una prima versione di calcetto ballilla del 1935 Milan vs Inter - “allora facevano soltanto derby” - senza dimenticare i filmini in 8 millimetri (calibro di pellicola amatoriale edita da Kodak all’inizio degli anni Trenta).
C’è pure un’ Olivia in gomma firmata Bronco. Lunga, lunga, secca, secca, sgraziata e con i piedoni grossi. Lei, la mitica fidanzata di Popeye the sailor man, personaggio made in Usa che, creato da Elzie Crisler Segar, apparve per la prima volta nel 1929 in una striscia a fumetti. Per poi spopolare come protagonista dei cortometraggi realizzati per il cinema. E ancora soldatini pronti per la trincea o da dipingere con perizia certosina, macchinine, aeroplani ed elicotteri in latta, trenini, pattini retrò su quattro ruote da applicare alle scarpe, calamai con pennino e quaderni di chiara impronta fascista.
«Qui le persone vengono a giocare. Sono soprattutto uomini, a volte di una certa età. Non è un negozio, è un salotto aperto a chiunque desideri trascorrere un po’ di tempo corteggiando il passato. Sì, certo… può dare dipendenza».
Andrea Piccinini, anfitrione del “salotto” retrospettivo di via Gallucci, è categorico: tra queste quattro mura non si vende, non si compra. Piuttosto si guarda, ci si lascia cullare dalla memoria oppure si ha l’opportunità di scoprire un mondo mai conosciuto. È concesso toccare, ma con la dovuta cautela. E se qualcuno ha qualcosa da proporre? Prego, si accomodi. «È un’attività senza scopo di lucro. La maggior parte degli oggetti non mi appartiene. Ho una cosa da portarle perché non ho più posto: spesso è così che esordisce chi si presenta all’uscio. Ma non sempre è questione di spazio. C’è chi prova piacere nell’esporre le proprie cose a vantaggio dell’altrui emozione».
Da sempre in ostaggio dell’incanto vintage - «frequento diversi mercatini di modernariato, è una passione che coltivo sin da quando ero piccolo» - Andrea, se da un lato dimostra notevole sensibilità estetica e attenzione al dettaglio, dall’altro vanta l’abilità di tradurre in un eloquio comprensibile ai più il linguaggio degli oggetti. Una conversazione capace di toccare corde emotive spesso sopite. Qui per cedere alla magia non è obbligatorio vestire i panni del collezionista. Il rischio di innamorarsi di un telefono in bachelite è altissimo. Sono dodici. Dodici telefoni di dodici colori diversi che nulla hanno da invidiare ad un’installazione d’artista.
«Sono inseparabili» puntualizza Andrea. Starebbero benissimo nel salotto di casa. Chissà…magari il proprietario è disposto ad uno scambio. —