Condannato nel processo Aemilia sequestra 5 impiegati delle Poste
Reggio Emilia: condannato a 19 anni e scomparso da giorni, Amato ha fatto irruzione alle 9 alle Poste di Pieve. Ha fatto uscire i clienti ma è ancora asseragliato all'interno con i dipendenti. Chiusa la via Emilia per precauzione.
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REGGIO EMILIA. Ricercato dal 31 ottobre scorso, dopo la condanna a 19 anni e 1 mese per associazione mafiosa al termine del maxi processo Aemilia, il 55enne Francesco Amato è ricomparso questa mattina alle ore 9 nelle vesti di criminale. Armato di coltello, e urlando a squarciagola "Fuori, fuori, fuori", Amato ha fatto irruzione all'ufficio postale di Pieve dove, in quel momento, oltre agli impiegati erano presenti tre clienti. L’unica vera rivendicazione, per ora, è che vuole parlare con il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Dopo otto lunghe ore di trattative i lsequestro dei dipendenti si è concluso e Amato si è consegnato ai carabinieri.
Ci sono volute quasi 8 ore per convincere Francesco Amato ad arrendersi e a lasciare andare gli ostaggi. Da questa mattina intorno alle 10 il pregiudicato 55enne, condannato a 19 anni di carcere nell’ambito del processo Aemilia e resosi irreperibile dopo la sentenza, si era asserragliato nell’ufficio postale di Pieve Modolena, in provincia di Reggio Emilia. «VI ammazzo tutti, sono stato condannato a 19 anni1», ha gridato brandendo un coltellaccio da cucina con una lama da 35 centimetri.
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Poi ha fatto uscire tutte le persone presenti ad eccezione delle quattro dipendenti e della direttrice. Con il passare delle ore una di loro, la cassiera 54enne Annalisa Coluzzo, si è sentita male ed era stata liberata. Le colleghe, invece, hanno dovuto aspettare il tardo pomeriggio, quando Amato spontaneamente ha aperto la porta e si è consegnato ai carabinieri. Arrivare a una resa pacifica non è stato facile. Ci sono voluti «tempo, pazienza e dialogo coi negoziatori, che gli hanno fatto capire che non avrebbe potuto ottenere quello che chiedeva», ha spiegato il colonnello Clemente Desideri, comandante provinciale dei carabinieri Reggio Emilia. L’uomo inizialmente aveva chiesto di poter parlare con il ministro della Difes, Elisabbeta Trenta, e subito dopo con il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per spiegare che lui con la ’ndrngheta non c’entra nulla e che la pesante condanna che gli è stata inflitta in realtà è ingiusta.
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Colloqui che però non sono avvenuti. Per riportare la situazione alla calma non è stato nemmeno necessario l’intervento delle teste di cuoio schierate fuori dall’ufficio postale, ma è bastato l’intenso lavoro di mediazione dei negoziatori che per ore hanno dialogato con il pregiudicato convincendolo a desistere. Subito dopo la resa, il 55enne è stato portato in caserma. Il blitz delle forze dell’ordine è stato accolto da applausi ironici da parte di numerosi parenti e amici di Amato che quando lo hanno visto uscire in manette dall’ufficio postale hanno gridato: «Bravo Francesco, bravi voi che avete sconfitto la `ndrangheta!».
ORE 17. ECCO COME E' FINITA. "Ha aperto la porta lui, ha fatto uscire gli ostaggi e si è consegnato". Così il comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Emilia, colonnello Cristiano Desideri, ha ricostruito parlando coi giornalisti il momento in cui Francesco Amato, che ha tenuto in ostaggio per otto ore le dipendenti di un ufficio postale, si è arreso. Cosa lo ha convinto? "Il tempo, la pazienza e il dialogo coi negoziatori, che gli hanno fatto capire che non avrebbe potuto ottenere quello che chiedeva".
ORE 16,43. Gli ostaggi sono stati liberati e Francesco Amato è uscito dall'ufficio postale scortato dai carabinieri, che lo hanno caricato in auto e portato in caserma
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ORE 16. Dopo oltre sette ore i quattro ostaggi sono ancora nelle mani di Amato. Si tratta della direttice Emanuela Montanari, Marisa Borelli (di Cadelbosco ma a Reggio per un temporaneo distaccamento in sostituzione di un dipendente in ferie), Massimo Maini e Anna Maria Melito. Secondo quanto si apprende un parente del sequestratore starebbe collaborando con le forze dell'ordine per trattare con il 55enne.
ORE 15.20. «Mio zio non è una persona cattiva. Mi dispiace per le povere persone lì dentro. Lo sta facendo perché pensa di aver avuto una condanna ingiusta. Non è colpevole, lo ha fatto perché è innocente». Così la nipote di Francesco Amato, ha parlato, fuori dall'ufficio postale di Pieve Modolena del gesto del parente.
«Lui non fa male a nessuno, vuole solo giustizia. Lui è invalido dalla mano destra: 19 anni di galera è chiaro che il sangue bolle. Non sapevamo nulla di quello che avrebbe fatto, ma non è cattivo», ha detto invece il cognato dell'imputato condannato per Aemilia.
ORE 15. Il sequestratore permetterebbe agli ostaggi, al momento quattro impiegate fra le quali la direttrice, di comunicare con i parenti tramite i loro cellulari. Il marito di una delle impiegate delle Poste di Pieve è riuscito a mettersi in contatto con la moglie: "Lui sembra tranquillo, ma più il tempo passa e peggio è".
ORE 14.30. In un'intervista rilasciata al Gr Rai una delle impiegate delle Poste tenute in ostaggio ha raccontato la situazione all'interno: "Siamo in quattro, lui è qui da parecchie ore, dice che vuole rivendicare e parlare con Salvini. Sta parlando con i carabinieri, ogni tanto parla con noi, è tranquillo ma ha un coltello in mano, quindi si immagini. Ci dice che se apriamo la porta qualcuno fa una brutta fine e quindi siamo trincerati qui".
ORE 14. Proseguono le trattative con Amato, decisiva sarebbe l'operazione di "mediatrice" della direttrice delle Poste di Pieve Modolena: è la donna a fare da intermediaria fra le richieste del condannato di Aemilia e i carabinieri, che stanno trattando col 55enne. Sul posto sono arrivati anche i Gis dell'Arma da Livorno ma per ora l'ipotesi dell'irruzione sarebbe accantonata.
ORE 13.30. I contatti con il sequestratore Francesco Amato sarebbero tenuti dai carabinieri, in particolare da un militare, fermo sulla soglia dell'edificio, che fa da tramite.
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ORE 13. «Vi ammazzo tutti». Sarebbe questa la minaccia con cui Francesco Amato, l'imputato condannato nel processo Aemilia, è entrato nell'ufficio e ha preso in ostaggio cinque donne, quattro impiegate e la direttrice, nella filiale delle Poste di Pieve Modolena.
ORE 12.30. Sul posto sono attesi gli uomini del Gis dei carabinieri,Gruppo di Intervento Speciale in arrivo da Livorno. A Pieve sono intanto arrivati il procuratore capo di Reggio e pm della Dda per Aemilia, Marco Mescolini, il pm Iacopo Berardi, il prefetto Maria Grazia Forte e il vicesindaco, Matteo Sassi.
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La donna fatta uscire dalla filiale, una delle cinque persone prese in ostaggio, è stata soccorsa per un malore.
ORE 12. Uno dei cinque dipendenti dell'ufficio Postale di Reggio Emilia presi in ostaggio dal condannato Francesco Amato, una donna, sarebbe stata fatta uscire dalla filiale. Appena fuori, la donna ha avuto un mancamento ed è stata soccorsa dal personale del 118.
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Amato ha chiesto, tra le altre cose, di poter parlare con il ministro dell'Interno Matteo Salvini. «Sono quello condannato a 19 anni in Aemilia». Sono le parole che Francesco Amato avrebbe pronunciato questa mattina entrando nell'ufficio postale di Pieve Modolena di Reggio Emilia, dove sta tenendo in ostaggio alcuni dipendenti e la direttrice. L'uomo brandiva un coltello da cucina con manico bianco.
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ORE 10. Il pregiudicato, riconosciuto dalle stesse persone che lo hanno visto entrare e successivamente anche da poliziotti e carabinieri che da circa due ore stanno piantonando l'ufficio, ha fatto uscire i clienti e ha iniziato una lunga trattativa con le forze dell'ordine.
Nei pressi dell'ufficio postale di Pieve è formato un assembramento di curiosi, che stanno seguendo minuto dopo minuto l'inquietante vicenda, e le forze dell'ordine hanno disposto la chiusura di via Fratelli Cervi, il nome che assume la via Emilia in quel punto, per limitare la situazione di pericolo. Sono poi stati fatti allontanare i passanti e svuotati i negozi adiacenti l'ufficio postale.
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Davanti all'ufficio postale è arrivato anche Marco Mescolini, procuratore capo di Reggio Emilia e pm antimafia nel corso del processo Aemilia: era stato proprio lui insieme alla collega Beatrice Ronchi, nell'ultima udienza del maxi processo, a chiedere alla Corte di arrestare subito gli eventuali condannati in primo grado per il 416 bis.
Francesco Amato, per il quale _ come per gli altri condannati per il 416 bis _ è stato disposto il carcere immediato, dal 31 ottobre era di fatto irreperibile e ricercato dai carabinieri di Piacenza, incaricati di eseguire l'ordinanza di custodia cautelare.