Gazzetta di Modena

Modena

Festival Filosofia 2019

Di Cesare: Noi sonnambuli nel supermarket planetario

Alice Benatti
Di Cesare: Noi sonnambuli nel supermarket planetario

Donatella Di Cesare al festival filosofia: «Viviamo in stato di trance nel mondo chiuso in sé stesso del capitalismo avanzato. Chi sta fuori ci fa paura»

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Alice Benatti

Che ne è dell’esistenza ai tempi di un capitalismo avanzato dal quale non riusciamo ad immaginare una via d’uscita? Questo il cuore della riflessione che Donatella Di Cesare, filosofa, scrittrice e docente a “La Sapienza” di Roma, porterà oggi alle 18 in Piazza Martiri a Carpi, con la lezione “Esistenza. Fobia dell’esterno e cancellazione dell’alterità”.

Partiamo dal sottotitolo della sua lezione. “Esterno” rispetto a cosa? E quale significato assume la parola “alterità” per lei?

Viviamo in mondo chiuso in sé stesso dove riusciamo quasi ad immaginarci la fine del mondo per via di un collasso ecologico ma non il superamento del capitalismo avanzato. Tutto ciò che si trova all’esterno di questo sistema lo viviamo come un pericolo, come una minaccia. Questa paura di ciò che è fuori, di quello che ci potrebbe essere oltre, si chiama exofobia e porta la persona a un ripiegamento su di sé. Allora che ne è dell’esistenza ai tempi del capitalismo avanzato? La società in cui viviamo pretende di immunizzarsi da ciò che è all’esterno e, nel tentativo di restare intatta, scongiura ogni alterazione. Ecco allora anche il significato di alterità: cambiamento, cambiamento che sembra sempre in peggio, quindi da cancellare, rimuovere».

Quali i sintomi del ripiegamento su di sé? E la cura?

«La depressione, ad esempio, che è spesso un “male sociale. “Esistere”, etimologicamente, vuol dire uscire fuori da sé. L’esistenza è eccentrica. È come se esistendo, vivendo, non facessimo altro che questo azione di uscita da noi stessi. Anche quello che stiamo facendo ora io e lei, parlando, questo “movimento” verso l’altra, non sarebbe possibile se ci considerassimo una minaccia. La cura potrebbe partire da una riflessione, oggi ostacolata da uno stato di trance prolungato che ho chiamato sonnambulismo di massa».

Nel suo immaginario come appare oggi il mondo del capitalismo avanzato?

«Un centro commerciale planetario, aperto non-stop, dove è ormai azzerato il confine tra esterno e interno, tra luce e buio, sonno e veglia. Vedo i suoi abitanti sedere intorpiditi davanti a schermi luminosi che hanno compromesso la loro immaginazione, la loro capacità di sognare».

Quale ruolo dovrebbe avere oggi la filosofia? Più volte, negli scritti e nelle conferenze, non si è tirata indietro dall’esprimere precise idee politiche. È tempo quindi che i filosofi la smettano di «stare al proprio posto»?

«Nel mio ultimo libro Sulla vocazione politica della filosofia (Bollati Boringhieri, Torino 2018) ho cercato di rompere un tabù che dura da secoli, dal tempo di Platone, e che si è riaffermato nel Novecento con Heidegger: che i filosofi debbano restare fuori dalla politica. Credo invece che sia tempo che la filosofia torni nella città. Ne ha urgente bisogno la politica che, ridotta a mera amministrazione, a governance poliziesca, senza la filosofia non ha una visione del futuro». —