Gazzetta di Modena

Modena

Festival Filosofia 2019

Lella Costa: «La lezione della “mia” Edith Stein a noi europei sbandati»

Maria Vittoria Melchioni
Lella Costa: «La lezione della “mia” Edith Stein a noi europei sbandati»

L’attrice “dialoga” con la filosofa morta a Auschwitz «È una figura sorprendente, così ricca, in grado di aiutarci»

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MODENA. Edith Stein è un luminosissimo enigma, una storia di una chiarezza cristallina che getta ombre, mutevoli, in ogni direzione. Che riassume il Novecento e parla di noi al punto da essere divenuta patrona di tutta l’Europa.


Lella Costa si confronta con Edith in un libro che ne ripercorre la parabola umana e si misura con il suo pensiero, in un ideale dialogo a distanza tra due donne di buona volontà: diversissime, ma alleate per tutto ciò che conta. Per il pensiero, nell’era dell’ignoranza. Per le donne, nel tempo delle discriminazioni. Per le appartenenze che fondano e nutrono l’Europa, nella tempesta del populismo. Da quel libro trae origine lo spettacolo di stasera, alle 21, in piazzale della Rosa a Sassuolo.


Com’è nato il libro su Edith Stein?
«Ho avuto una richiesta specifica dalla casa editrice Solferino affinché dessi a Edith una voce più confidenziale, restando sempre nel massimo rispetto, per farla arrivare a un numero maggiore possibile di persone che non fossero gli studiosi o i filosofi».


È stata una sfida avvicente?
«Per me è stata una sfida molto complessa, ma Edith è una figura talmente ricca, e così incredibile, che ne sono rimasta davvero conquistata. Al festival farò un reading, non una presentazione del libro, una lettura con qualche commento per far sentire il più possibile come la mia voce ha raccontato Edith Stein, con dei punti di vista, delle associazioni, delle incursioni in altri territori che spero siano riconosciuti in buona fede, fatti con gli strumenti che avevo a disposizione. Lascio descrivere Edith dal punto di vista filosofico a chi è in grado di decifrarne la grandezza».


Che ritratto ne emerge?
«Quello di un personaggio sorprendente, con un legame non arbitrario con l’Europa, che va al di là del fatto che lei sia stata nominata patrona d’Europa. Magari, di questi tempi, non è male ragionarci sopra».


Come siamo messi in Europa?
«Siamo messi che, come spesso accade in questo tempo un po’ sbandato, nessuno ci ha aiutato a capire cosa stia succedendo. Per quello che riguarda i grandi eventi contemporanei, le migrazioni per esempio, non abbiamo avuto figure di riferimento che ci abbiamo spiegato, che ci abbiano preparati, che ci abbiano accompagnati ai cambiamenti, e quindi paghiamo questo prezzo qui. Non abbiamo avuto modo di percepire l’Europa come un vero cambiamento di relazioni, oltre che di mercati, valute e frontiere. Però, basta ascoltare i ragazzi più giovani, la facilità con la quale si muovono tra le nazioni, per capire che pensare di tornare indietro è una follia autolesionista».


Eppure...
«Ma pensarci cittadini d’Europa non significa cancellare la propria identità e dimenticare le proprie radici, bensì essere in grado di mettere insieme tutti i nostri “essere” così speciali. Anche perché se non lo facciamo scompariamo. In caso di una grande guerra Russia, Cina, Stati Uniti, Oriente ci annienterebbero. Siamo il vecchio continente da mo’... Tutte le nostre ricchezze, tutto il nostro sapere, tutto il nostro pensiero che è stato ed è indispensabile per la costruzione del mondo restano, ma adesso dobbiamo trovare un’identità collettiva. Certo è difficile, certo si fa fatica, ma dobbiamo trovarla e trovare qualcuno che ci aiuti. In questo Edith Stein magari può darci qualche indicazione, ovviamente riportando tutto il suo pensiero all’attualità, e non al secolo scorso».


«Ciò che possiamo fare per salvarci» è una frase di Stein. In concreto com’è attuabile?
«Ciò che possiamo fare in paragone a ciò che ci è dato è sempre troppo poco. Una frase del genere detta oggi ribalta quell’atteggiamento assistenzialista del tutto è dovuto, del che cosa fanno lo Stato e il mondo per me. Proviamo a ribaltarlo in cosa posso fare io, in cosa possiamo fare noi: potrebbe diventare una via di salvezza collettiva».


Quest’Europa piacerebbe a Edith Stein?
«Credo che ci troverebbe elementi interessanti, primo tra tutti che le donne hanno un po’ più di voce rispetto al suo tempo, lei ha girato l’Europa fisicamente negli anni ’30 dopo la sua conversione al cattolicesimo per tenere conferenze alle donne, oggi avrebbe una platea più numerosa». —