Michel Agier: Viaggiatori, intrusi e alieni illegali Stranieri si diventa
L’antropologo francese ha spiegato i motivi per cui nessuno può essere realmente “stranger” nel mondo contemporaneo
FRANCESCA TESTI
È un’antropologia della relazione, noi e i migranti, e non dello straniero quella che ha caratterizzato la lezione “Divenire stranieri in un mondo in movimento” di Michel Agier, ieri mattina, a Carpi. Antropologo di fama internazionale, directeur d’études all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, Agier ha sviluppato le sue ricerche sui temi della migrazione, delle frontiere e della globalizzazione. «La condizione di straniero è qualcosa di relativo perché dipende dai contesti, dalle relazioni e dalle situazioni. Allo stesso tempo è una condizione universale perché riguarda tutti noi» ha affermato. E, subito dopo, ha aggiunto: «Stranieri, però, non si nasce ma si diventa: lo diventiamo arrivando nel mondo appena usciti dal ventre materno. Di conseguenza per tutta la vita tentiamo di diventare meno stranieri al mondo».
Partendo dalla constatazione che siamo sempre più a confronto con le frontiere, religiose, politiche, culturali o geografiche, Agier ha fatto notare che nessuno può essere realmente straniero nel mondo. Ma ha ammesso che la condizione razziale è ancora molto forte sul piano sociale. E ribadito che ostilità e ospitalità sono due concetti ambivalenti dello stesso fenomeno. Come si diventa, dunque, stranieri? Quattro le modalità. La prima è geografica: «Diventiamo stranieri arrivando da altrove e stravolgendo l’ordine precostituito», dunque siamo outsider o, come direbbe Jean Luc Nancy, intrusi. La seconda è giuridica: «Diventiamo stranieri superando la frontiera amministrativa», quindi quando abbiamo una cittadinanza incompleta, siamo estranei, manchiamo di appartenenza, insomma siamo quelli che il sociologo Georg Simmel riteneva i potenziali eterni viaggiatori. La terza è culturale: «Diventiamo stranieri quando lasciamo ciò che conosciamo, che ci è familiare, per imparare tutto da capo», ed ecco gli “stranger” che sono strani ai nostri occhi. La quarta modalità comprende le altre tre costituendo una scala progressiva di valutazione (asse dei foreign) il cui punto più elevato è rappresentato dall’uomo bianco europeo (utopia del cosmopolitismo) mentre il punto più basso è incarnato dallo straniero invisibile che muore alle frontiere, l’«illegal alien» che vive la radicalità della sua condizione assoluta. «Ogni giorno i morti del Mediteranno invocano il salvataggio. Non dovremmo più bagnarci in quel mare finché ci sono stranieri che muoiono in quelle acque – ha concluso Agier - per riconoscere la loro sacralità che ci salverebbe dal disonore». —