Modena, in carcere arrivano le pagelle: «La scuola aiuta, regala emozioni»
La consegna dei voti grazie al percorso con lo Spallanzani: «La strada della riabilitazione sociale passa anche da qui»
CASTELFRANCO. Sono state consegnate durante la mattinata di ieri le pagelle agli studenti-carcerati della casa di reclusione di Castelfranco Emilia. Un progetto, quello della scuola interna al centro di detenzione, già presente da tempo in Italia e sbarcato, nella città del tortellino, da poco meno di un anno.
«Abbiamo iniziato la collaborazione con l’istituto agrario Spallanzani - spiega Maria Martone, direttrice della casa di reclusione - in piena emergenza Covid. Nonostante questo, grazie a norme di prevenzione sociale concordate con l’Ausl, abbiamo mantenuto le lezioni sempre in presenza e questo si è rivelato di fondamentale importanza».
Il percorso di studi a cui hanno partecipato i carcerati è molto simile a quello che, durante l’anno, frequentano gli adolescenti a scuola. Gabriele Vadruccio, vice preside dell’istituto Spallanzani e referente della sede carceraria, si ritiene soddisfatto: «Abbiamo deciso di proporre un tipo di insegnamento delle materie organizzato in Unità Didattica di Apprendimento (Uda). Ciò significa che per ogni materia, otto in totale, come nelle classi dello Spallanzani, si lavora per competenze e questo permette, a chi non riesce ad apprendere subito il materiale trasmesso dal docente, di recuperarlo l’anno successivo».
A curare le lezioni sono i docenti dell’istituto Spallanzani che, compatibilmente con l’orario mattutino e serale, tengono in totale 23 ore di lezioni alla settimana.
Tra questi c’è Cecilia Mazza, insegnante di inglese che da novembre accompagna i ragazzi, non senza difficoltà: «Nella classe del carcere ci sono ragazzi che hanno anche tanti anni di differenza e questo si sente, specialmente nell’apprendimento di una lingua straniera. Nonostante ciò sono molto soddisfatta del percorso intrapreso, che regala tante emozioni».
Davanti ai ragazzi, durante la consegna delle pagelle, tiene un breve discorso di ringraziamento Maura Zini, dirigente scolastico dell’istituto Spallanzani: «Essere in carcere - dice visibilmente soddisfatta - porta spesso ad essere esuli da tutto e tutti. Con la scuola si prova a fare attività di arricchimento culturale e sociale. Dà, ad ognuno di voi, impegni, responsabilità ma anche soddisfazioni. Ora dobbiamo, tutti insieme, puntare a migliorare questo percorso. Perché la scuola non si fa da soli, ma insieme».
Si nota, stando in aula con i detenuti, che il gruppo classe è solido e coeso. Alla consegna di ogni pagella parte un applauso, che prescinde dai risultati individuali ottenuti. Poi il confronto sui voti, con qualche battuta nel mezzo per smorzare il tono serio. Walid, ad esempio, ha 26 anni e non ha alcuna insufficienza. Nonostante questo si dice «un po’ amareggiato per i sei in Chimica e Storia» e con l’obiettivo di prendere il diploma. Anche altri, come lui, non vedono l’ora di ripartire a studiare per migliorare sempre di più. Al termine il classico rito finale, la foto, dalla quale, malgrado le mascherine a coprire gran parte del volto, si percepisce la gioia dei ragazzi nell’aver concluso l’anno scolastico.
La scelta di fare seguire, ai carcerati, un percorso di agraria, non è casuale. La direttrice Martone, infatti, racconta che «sono presenti, nella casa di reclusione, diverse serre e un orto sociale. Le prime, grazie alla passione e al lavoro retribuito dei detenuti, generano frutta e verdura bio che viene poi venduta nel mercato locale. L’orto sociale, invece, viene mantenuto in modo volontario dai carcerati e i prodotti sono autogestiti proprio da loro, nelle loro cucine». La Martone conclude lanciando un messaggio sociale importante: «I detenuti non vanno abbandonati, bensì accompagnati in un percorso riabilitativo». —
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