Pavullo Associazioni e politica insieme per migliorare le criticità del territorio. Soprattutto quelle inerenti agli aspetti sanitari, in una provincia non esente da gravi carenze. È questo il buon proposito di Forza Italia, che tramite il referente provinciale Antonio Platis punta a fare da collante tra Roma e Modena. «Ci aspettano anni di governo pieni di lavoro, che affronteremo con la massima serietà», esordisce durante l’incontro, organizzato ieri a Modena nella sede della Provincia, con i comitati “Salviamo l’ospedale di Pavullo” e “Salviamo l’ospedale della Bassa”. Due realtà, quelle appena citate, che sono legate da un filo rosso lungo decine e decine di chilometri, vista la distanza dei territori: evitare la centralizzazione dei servizi sanitari essenziali, soprattutto quello dei punti nascita. «Dal 2011 sia la struttura di Pavullo sia quella di Mirandola sono state declassate ad ospedali di prossimità, venendo così progressivamente smantellati», sottolinea Maria Cristina Bettini, attivista per il comitato della zona del Frignano. La decisione, all’epoca, fu presa da Ausl e Regione. Con una conseguenza non indifferente: la chiusura a Pavullo nell’ottobre 2017 del reparto dedicato alla nascita dei bambini. Bettini continua: «Poi c’è stata una serie di errori. Su tutti, l’oscurità che si cela dietro la richiesta di deroga dell’ospedale di Pavullo, che permetterebbe la riapertura del punto nascita. Quattro mesi fa, a luglio, ho chiesto di visionare il documento, che teoricamente avrebbe dovuto essere presente all’interno dell’archivio regionale. E invece non ce n’è traccia». E questo nonostante, nota l’attivista del Frignano, «che il presidente Bonaccini avesse detto, a inizio luglio, di aver ricevuto tutti i documenti a supporto della richiesta di deroga, che però l’Ausl ha confermato di aver inviato solo il 22 luglio. Qualcosa non torna in questa storia». La richiesta al presidente della Regione è quindi quella di fare chiarezza sulla vicenda. E qualora non fosse disposto a finanziare i 5 milioni di euro necessari per la riapertura del punto nascita, «di dirlo chiaramente, evitando di fare strumentalizzazioni politiche e promesse non realizzabili», chiosa Bettini. Critica è anche la situazione a Mirandola. Dove attualmente il punto nascita esiste e funziona, ma il rischio di chiusura è prossimo. Avverrà alla fine del 2023, se la legge finanziaria del governo dovesse essere confermata. Ma Platis rassicura: «La Bassa continuerà ad avere quel fondamentale presidio: lavoreremo, assieme al ministero di competenza, per evitare la chiusura anche a fine dell’anno prossimo. Servono però misure progressive, anche perché si intrecciano tante istituzioni di diversi livelli». Ubaldo Chiarotti, attivista del comitato “Salviamo l’ospedale della Bassa”, si dice «cosciente del fatto che il punto nascita di Mirandola abbia meno di 500 parti all’anno, il limite minimo oltre il quale si prevede la chiusura, ma è importante mantenerlo. Nel distretto ci sono 590 gravidanze ogni 12 mesi, molte donne però preferiscono andare altrove per partorire. Bisogna dunque diventare attrattivi, non chiudere il punto nascita. Perché il reparto ha ricadute che vanno oltre il parto, garantendo sicurezza alle famiglie dei neonati», conclude.l © RIPRODUZIONE RISERVATA &nbsp;

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