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Carpi. Oggi alle 18,30 presso la libreria Fenice Emanuele Fiano presenta il libro “Ebreo”

di Paola Ducci
Carpi. Oggi alle 18,30 presso la libreria Fenice Emanuele Fiano presenta il libro “Ebreo”

All’incontro, promosso dalla Fondazione Fossoli nell’ambito delle iniziative per il Giorno della Memoria parteciperanno anche il Presidente della Fondazione Pierluigi Castagnetti e il Sindaco di Carpi Alberto Bellelli. Architetto e politico, Fiano è stato presidente della Comunità ebraica milanese. Il padre, Nedo, transitato per il Campo di Fossoli, è l’unico sopravvissuto della sua famiglia ad Auschwitz-Birkenau.

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Carpi Cosa vuol dire esattamente essere ebrei, cosa ha voluto dire e cosa sarà nel futuro? Questa domanda, apparentemente semplice, ha sempre prodotto risposte molto diverse tra loro, anche tra gli stessi ebrei. Queste sono alcuni degli interrogativi da cui sono scaturite le riflessioni di Emanuele Fiano, confluite nel libro “Ebreo. Una storia personale dentro una storia senza fine”, che sarà presentato oggi pomeriggio a Carpi, alle ore 18. 30, presso la Libreria Fenice.

All’incontro, promosso dalla Fondazione Fossoli nell’ambito delle iniziative per il Giorno della Memoria parteciperanno anche il Presidente della Fondazione Pierluigi Castagnetti e il Sindaco di Carpi Alberto Bellelli. Architetto e politico, Fiano è stato presidente della Comunità ebraica milanese. Il padre, Nedo, transitato per il Campo di Fossoli, è l’unico sopravvissuto della sua famiglia ad Auschwitz-Birkenau.

Quale è la genesi di questo libro?

«Semplicemente voglio spiegare un’identità complessa sedimentata da millenni che produce ancor a delle domande legittime e complicate sul perché ci sia un popolo così pervicace nel voler mantenere una sua identità anche se capace, come dimostra la storia di una perfetta integrazione in questo paese. È un libro che vuole spiegare agli altri cosa significa per me oggi essere ebreo e in più trae da insegnamenti antichi dei valori che io penso ancora attuali».

E cioè cosa significa per lei?

«Significa vivere in un paese dove per fortuna c’è un’ottima integrazione per chi è ebreo, anche se non bisogna dimenticarsi che non è dappertutto così. Per esempio in Francia, c’è un sentimento antisemita in forte crescita diffuso soprattutto in comunità con forte integralismo islamico. In Italia però si osserva un accrescersi di fenomeni discriminatori di carattere omofobo e razziali. Purtroppo c’è un mondo in cui la diversità non è metabolizzata da tutti come una ricchezza».

Le ha mai parlato di Fossoli suo padre?

«Si mi ha parlato di Fossoli. Se lo ricordava come un luogo imparagonabile rispetto ad Auschwitz. Anche se era proprio in questo campo dove si rendevano conto che qualcosa di terribile stava per accadere. Capivano che quella non era una prigione normale. Soprattutto quando passò sotto il comando delle SS».

Che ricordo ha di suo padre? Ci sono ricordi che gli rimasero impressi?

«Sono tantissimi i ricordi che ho di mio padre. Di Fossoli mi raccontava quando arrivarono al campo la mamma e il papà che gli portarono due piccole marmellatine che lui divorò dalla fame ma anche dal bisogno di dolcezza. Di Auschwitz il racconto più straziante era quello della separazione della mamma che fu strappata dalle sue braccia e avviata direttamente alla camera a gas».

Quale è il suo rapporto con la memoria?

«Sono interessato a differenziare la memoria dalla storia, perché la storia è la successione degli eventi mentre la memoria è un atto che si compie tra vivi e serve a costruire una coscienza pubblica comune di un paese. Grazie alla memoria cerco di trarre una lezione da poter condividere con le nuove generazioni affinché si possano difendere da quello che potrebbe accadere». l Paola Ducci