Bologna Ci sono libri che possono anche spaventare, per numero di pagine, argomento trattato, tipologia degli autori. Ci sono però anche libri, ed è il caso di cui stiamo parlando, che possono sorprendere per la capacità di rendere appassionante la lettura di argomenti complicati. Due anni fa, in occasione del centesimo compleanno del Partito comunista italiano - 21 gennaio 1921 - la Fondazione Duemila di Bologna in collaborazione con le altre fondazioni sul territorio promosse un progetto che aveva come scopo lo studio della storia del Pci in Emilia-Romagna. Adesso, dopo due anni di lavoro, è uscito un volume che rappresenta il frutto di uno sforzo collettivo guidato da Carlo De Maria, professore di storia contemporanea all’università di Bologna che si è avvalso della collaborazione di ricercatori quali Eloisa Betti, Claudia Capelli, Teresa Malice, Tito Menzani, Alberto Molinari, Andrea Montanari, Fabio Montella, Federico Morgagni, Laura Orlandini e Roberto Parisini. Il volume è dedicato all’impegno del Pci in tutta la regione sui temi del welfare, del lavoro, della cultura e della autonomie, dal 1945 fino allo scigliomento. Molte sono le testimonianze ma non si tratta di una memorialistica. Si tratta invece di una ricerca condotta attraverso gli archivi delle singole federazioni provinciali e di quello regionale, dal quale sono emerse le tracce di un percorso sempre difficilissimo e non privo di errori e ripensamenti, in cui il tema principale era sempre la capacità di “leggere” la situazione presente. La sezione dedicata al lavoro in questo senso è illuminante. I riferimenti territoriali sono continui, mostrando non necessariamente una comunanza di circostanze fra Bologna, Modena, Reggio Emilia, Ferrara e le città della Romagna. Anzi, le differenze di dimensioni e la presenza di distretti industriali diversi finivano per porre priorità diverse. A lasciare stupefatti dalla lettura è la constatazione che molti fra i problemi dei decenni passati li ritroviamo ancora oggi, anzi amplificati e resi di soluzione più complessa a causa del venir meno di alcune fra le pedine in campo sul terreno di gioco della politica. Intanto il profondo cambiamento del mondo del lavoro, che ha in sostanza spazzato via il concetto di “classe operaia”, oggi frammentata in una miriade di individualità che rende difficile anche la tutela di diritti sempre più evanescenti e numericamente ridotti. Ma se una volta era ben individuata la figura del padrone, adesso è anche difficile combattere – ad esempio a fronte di un licenziamento – con una controparte che nel migliore dei casi ha sede legale all’estero e nel peggiore è un algoritmo. È anche venuta meno la presenza di un partito – quale poteva essere il Pci – che si possa dire ancorato al mondo del lavoro, e tante ne sono le conseguenze, a cominciare dalla frammentazione politica del mondo dei dipendenti che non necessariamente possono più identificarsi per forza come elettori di sinistra. Problemi delle realtà agrarie nel Ferrarese, sfruttamento del lavoro femminile a domicilio nel distretto tessile di Carpi, le grandi lotte operaie delle Reggiane e del calzificio Bloch a Reggio Emilia. Sono solo alcuni dei grandi eventi che il Pci si trovò ad affrontare, accompagnando il cambiamento sociale della regione in un percorso pieno di inciampi, uno dei quali fu l’immigrazione, fenomeno del tutto nuovo che non subito trovò una risposta solidaristica. Importantissimo il rapporto con la Cgil, nel prendere di petto – il Pci sul fronte parlamentare, il sindacato nelle fabbriche – il fenomeno dello sfruttamento che anche allora si mostrava in tutta la sua prepotenza, colpendo le fasce ancora una volta più deboli: le donne attaccate alle macchine da maglieria sparse nei garage delle case e i giovani che con sempre maggiore difficoltà cercavano di trovare un lavoro che rispondesse ai loro studi e soprattutto alle loro aspettative. Il Pci e la Cgil non si sono trovati ad affrontare un compito facile. Negli anni Cinquanta il lavoratore comunista e sindacalizzato era discriminato e perseguitato dalla macchina poliziesca dello Stato; essere un operaio comunista implicava coraggio. Ma molto difficile fu anche la situazione degli anni Ottanta, iniziati con la bruciante sconfitta dell’occupazione alla Fiat e la voglia di abbandonare la dimensione collettiva del sociale che da subito prese il nome di “riflusso”. Da lì in poi è stato tutto un precipitare verso la precarietà generalizzata e il lavoro povero. La mancanza di una sponda politica al lavoro ne è stata una delle cause. La lettura di questo libro ce lo spiega.l &nbsp;

Bologna Ci sono libri che possono anche spaventare, per numero di pagine, argomento trattato, tipologia degli autori. Ci sono però anche libri, ed è il caso di cui stiamo parlando, che possono sorprendere per la capacità di rendere appassionante la lettura di argomenti complicati. Due anni fa, in occasione del centesimo compleanno del Partito comunista italiano - 21 gennaio 19...

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Progetto nato in occasione dei 100 anni del partito Ricerca condotta  negli archivi emiliano-romagnoli 

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Modena Il Pci, la sua storia e il suo impegno nel mondo del lavoro

Progetto nato in occasione dei 100 anni del partito Ricerca condotta negli archivi emiliano-romagnoli

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