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Il processo

Carpi. Ha chiesto l'abbreviato il camionista che ha travolto e ucciso Sayed Jashim Uddin

Carpi. Ha chiesto l'abbreviato il camionista che ha travolto e ucciso Sayed Jashim Uddin

10 febbraio 2023
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MODENA Nell’udienza preliminare tenutasi oggi, venerdì 10 febbraio 2023, in tribunale a Modena, avanti il Gup dott. Andrea Scarpa, attraverso il suo difensore, ha chiesto il rito abbreviato - condizionato all’acquisizione, ammessa, di una consulenza tecnica di parte sull’incidente - K. G., 43 anni, di origini albanesi e abitante a Rubiera (Re), l’autotrasportatore accusato di aver travolto e schiacciato con il suo mezzo pesante, l’8 novembre 2021, a Carpi (Mo), Sayed Jashim Uddin, l’incolpevole 44enne di nazionalità bangladese, residente nella stessa Carpi, mentre tornava a casa dal lavoro in bicicletta. Il processo, conseguente alla richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell’imputato dal Pubblico Ministero della Procura modenese, dott. Giuseppe Di Giorgio, ora titolare del relativo procedimento penale per omicidio stradale, è stato quindi rinviato all’udienza del prossimo 22 maggio 2023 all’esito della quale è attesa anche la sentenza da cui i familiari della vittima, affidatisi a Studio3A-Valore S.p.A., si aspettano giustizia.

La tragedia, accaduta alle 18.20 nella rotatoria tra via Guastalla e via dell’Industria, aveva avuto vasta eco perché il camionista, dopo aver investito il ciclista, non si era fermato tirando diritto e sarebbe stato l’ennesimo caso di pirateria stradale occorso in quei mesi nel Modenese. Le immagini delle telecamere di video sorveglianza appartenenti all’Unione Terre d’Argine installate nel luogo, e subito visionate dalla polizia locale, hanno consentito di ricostruire fedelmente la dinamica dei fatti, ma non di desumere il numero di targa dell’autoarticolato. Prezioso si è rivelato il contributo di un automobilista che procedeva dietro al camion e che, resosi conto di quanto successo, lo ha seguito fino al casello di Carpi, ha imboccato l’autostrada ed è alla fine riuscito a scorgerne la targa, fornendo il numero agli inquirenti.

Gli agenti hanno così potuto risalire al mezzo e al suo conducente, e hanno posto sotto sequestro il “trattore”, di proprietà della società di autotrasporti di Rubiera per la quale lavora l’investitore, e il semirimorchio, di un’azienda fiorentina che vende e noleggia appunto rimorchi. Gli agenti della Polizia Scientifica di Modena, incaricati dal Sostituto procuratore titolare inizialmente del fascicolo, la dott.ssa Maria Angela Sighicelli, di eseguire un accertamento tecnico non ripetibile per verificare la presenza di tracce organiche, hanno prelevato i campioni, poi comparati con quelli biologici della vittima. I risultati hanno confermato come il camion fosse proprio quello, prove peraltro supportate anche da segni, graffi e strisciate, specie sul paraurti e la cabina di guida, compatibili con il velocipede, e dall’analisi dei tracciati del Gps da cui emergeva che l’autoarticolato era passato nel luogo dell’incidente a quella stessa ora. Il camionista, interrogato, si è giustificato sostenendo di non essersi accorto di aver travolto con il suo autoarticolato un ciclista, di non aver sentito altri automobilisti che suonavano il clacson per segnalargli il fatto, di non aver avuto la radio accesa né le cuffie per ascoltare la musica e di aver proseguito la sua marcia come nulla fosse fino al capannone della ditta per la quale lavorava, venendo a scoprire dell’investimento solo quando la polizia locale ha sequestrato il mezzo.

Una versione che evidentemente la Procura ha ritenuto ammissibile - per quanto gli agenti all’inizio fossero convinti che il conducente, che viaggiava con il camion mezzo carico di piastrelle, non potesse non aver avuto contezza di aver sormontato una bicicletta e il corpo di un uomo -, non imputandogli le aggravanti della fuga e dell’omissione di soccorso.

Nessun dubbio invece, anche a fronte delle immagini delle telecamere, sulla sua piena ed esclusiva responsabilità nella determinazione del sinistro. Il Pm gli contesta il reato di omicidio stradale per avere provocato la morte di Uddin “per colpa consistita in negligenza e nella violazione delle disposizioni di cui art. 154 comma 1 del Codice della Strada” per citare la richiesta di rinvio a giudizio.

L’imputato, alla guida del suo autoarticolato, prosegue il magistrato, “si immetteva nella rotatoria che via Guastalla forma con via dell’Industria ed effettuava una manovra di svolta a destra per immettersi in via dell’Industria omettendo di assicurarsi di poterla effettuare senza creare pericolo o intralcio ad altri utenti della strada, così intersecando la direzione di marcia del velocipede condotto dalla vittima che, pedalando alla destra del camion, procedeva nella stessa direzione di marcia, urtandolo con lo spigolo anteriore destro del mezzo, spingendolo in avanti, facendolo cadere a terra e travolgendolo con le ruote anteriori destre del trattore stradale e con le tre ruote dei tre assali del semirimorchio”: politraumi gravissimi, soprattutto nella regione pelvico-addominale, che non gli hanno purtroppo lasciato scampo.

Dunque, nessuna responsabilità in capo al povero e incolpevole Sayed Jashim, a cui nulla si può imputare anche sul piano della visibilità: la sua bicicletta era regolarmente dotata di fanali a batteria e quello anteriore è stato rinvenuto ancora acceso (quello posteriore è finito schiacciato sotto il camion), senza contare che l’area era illuminata in modo più che sufficiente con pali a led di recente installazione.

Uddin, che lavorava come facchino, per conto della Cooperativa Cfp, alla Opas di Carpi, ha lasciato la moglie, due figli minori di soli 12 e 8 anni, che con il marito e il papà hanno perso anche il loro unico sostegno economico, e tre fratelli, i quali, per fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia, attraverso la consulente legale dott.ssa Sara Donati, si sono affidati tutti a Studo3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini.