Gazzetta di Modena

Modena

La sentenza

Maranello, sparò e ferì Samantha alla tempia: confermati i sette anni di condanna

Carlo Gregori
Maranello, sparò e ferì Samantha alla tempia: confermati i sette anni di condanna

La Cassazione: Micillo è colpevole di tentato omicidio

11 agosto 2023
3 MINUTI DI LETTURA





Maranello Ha usato una pistola vecchia e malfunzionante, è vero, ma l’ha puntata a distanza molto ravvicinata, a meno di dieci centimetri, verso la tempia della sua compagna e le ha detto «Ti uccido». Il fatto che non ci sia riuscito non va spiegato col senno di poi come il gesto esasperato di un uomo tradito per spaventare la sua compagna dopo averle dato un mazzo di rose. La pistola, anche se difettosa, poteva davvero uccidere per la posizione di tiro. E invece il proiettile, una volta esploso, si è conficcato nella scatola cranica provocando una lesione superficiale per fortuna non grave, con una prognosi di quaranta giorni.

Questa è la drammatica ricostruzione della Corte di Cassazione che in aprile ha portato alla conferma – in via definitiva – della condanna a sette anni e quattro mesi di Giuseppe Micillo, 50enne, ex compagno di Samantha Migliore. È la 35enne di Maranello purtroppo morta tempo dopo per una iniezione letale di silicone al seno fatta da un’incompetente, un caso che fece scalpore e portò a un patteggiamento di 4 anni di carcere.

Poco tempo prima Samantha aveva infatti rischiato di morire per un colpo di pistola sparato dall’ex compagno che la Procura e poi tutti i giudici hanno definito senza esitazione un tentato omicidio con porto abusivo di arma da fuoco. Ma che lui ha sempre rifiutato, quasi fosse stata una faccenda meno grave.

Ora la Cassazione ha pubblicato le motivazioni che rendono esecutiva la sentenza e apriranno le porte del carcere per l’uomo.

Di questa vicenda delittuosa, infatti non si sapeva molto perché in prima battuta era stata discussa a porte chiuse con rito abbreviato. Un miniprocesso nel quale Micillo aveva chiesto di tener conto della sua registrazione audio dell’incontro, con minacce di morte e sparo, tutta discussa in dialetto napoletano, ma che i giudici non hanno accettato per la scarsa qualità.

I giudici della Prima Sezione di Cassazione riconoscono che l’omicidio (ma sarebbe meglio dire: “femminicidio”) non è avvenuto perché la pistola era malfunzionante. La lesione è stata parzialmente grave, Samantha non ha mai corso pericolo di vita. Micillo stesso, dopo averle sparato, l’ha portata in un negozio per attivare i soccorsi e poco dopo è andato dai carabinieri dove ha consegnato spontaneamente pistola e telefono con l’audio dell’accaduto. Nel corso delle indagini, il medico legale ha spiegato che la pistola era sì malfunzionante ma aveva comunque «una potenzialità lesiva idonea a provocare la morte» ma ha poi concluso escludendo che «la persona offesa sia mai incorsa in pericolo di vita».

Micillo ha sempre sostenuto di non aver mai voluto ucciderla e questa tesi è stata al centro del ricorso in appello, perso (pena confermata), e della Cassazione (perso). Anche la Suprema Corte però ha negato l’intenzione non omicida. Le difficoltà che il 50enne ha incontrato non avevano niente a che fare col tentativo e anzi ne sono addirittura state, scrivono i giudici, l’essenza del tentativo di ucciderla. L’evento è poi accaduto, le aveva anche detto «Ti uccido!» e, anche se difettosa, ha davvero usato un’arma a sparo sparando contro la tempia. Resta quindi un tentativo di omicidio, secondo la Cassazione sulla sua natura e le sue intenzioni non ci sono dubbi.

Di qui la conferma definitiva della condanna. l