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Il caso

Modena. L'appello: «Il volto di mio fratello Taissir insanguinato, c’è una foto. Vi prego, se qualcuno ha visto esca allo scoperto»

Paola Ducci
Modena. L'appello: «Il volto di mio fratello Taissir insanguinato, c’è una foto. Vi prego, se qualcuno ha visto esca allo scoperto»

Mohammed: «Qualunque informazione sulla morte di mio fratello è utile. Siamo stati picchiati nella caserma dei carabinieri: e ci facevano guardare»

26 ottobre 2023
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«Per favore se ci sono testimoni che hanno visto qualcosa la notte tra sabato 14 e domenica 15 ottobre ci contattino al più presto, non mi do pace fino a che non sarà emersa tutta la verità su cosa sia accaduto quella maledetta notte e su chi ha ucciso mio fratelli Taissir».

Sono queste le parole disperate di Mohammed Sakka, che non crede alla morte accidentale di Taissir e lo dice guardando la foto del cadavere del fratello, in cui sota il volto insanguinato.

La morte, come era stato comunicato dai carabinieri a poche ore dal ritrovamento, era stata imputata a una caduta accidentale. Tuttavia Mohammed ha denunciato che la stessa sera i due fratelli Sakka erano stati portati nella caserma in via Pico della Mirandola a Modena ed erano stati pesantemente percossi in una stanza all’interno della struttura. Mohammed, dopo aver appreso della morte del fratello, aveva così denunciato le percosse e a seguito del suo esposto ad oggi risultano indagati sei carabinieri come atto dovuto con le accuse di lesioni e, per uno di loro, anche quella di morte come conseguenza di altro reato. Intanto i primi esiti dell’autopsia avrebbero escluso che il decesso sia stato causato da lesioni. Ma si tratta solo di un primo risultato, per quelli finali occorrerà attendere diverse settimane. Sono in corso esami, soprattutto di laboratorio, utili a capire le condizioni del cuore e di altri organi vitali.

Sakka la presenza di testimoni che quella notte si trovavano nella zona in cui è stato trovato suo fratello potrebbe essere determinante al fine della risoluzione di questo vero e proprio giallo.

«Si, è per questo che io e la mia famiglia così come tutte le persone che volevano bene a Taissir chiediamo che chi ha visto o sentito qualcosa quella notte parli senza paura. Sembra surreale che in quella zona di Modena, proprio accanto alla stazione dove gira gente a tutte le ore, nessuno abbia visto o sentito nulla. Ci sono così tante abitazioni in zona. Come mi pare surreale anche il fatto che manchino o comunque io non sia a conoscenza che ci siano nonostante le abbia più volte richieste, le immagini delle telecamere della zona di via Nicolò dell’Abate e del parcheggio del Dopolavoro Ferroviario dalle 00.22 fino al ritrovamento del cadavere di mio fratello la mattina successiva. La zona è piena di telecamere. Come c’è arrivato mio fratello in quel cortile? Ha scavalcato la siepe o il cancello? Il cancello era aperto? Ce lo hanno portato già morto? Insomma io non sto accusando nessuno, voglio la verità».

Ripensando a quella notte da che ora non vedeva più suo fratello?

«Da mezzanotte e venti quando ci siamo separati in piazza Dante, di fronte alla stazione. Io sono scappato verso via Monte Kosica e mio fratello in via dell’Abate come dimostrano anche le immagini delle telecamere».

Perché scappavate?

«Perché ci inseguivano i Carabinieri».

Perché vi stavano inseguendo?

«Perché io e mio fratello ci siamo incazzati e li abbiamo insultati per le botte che ci avevano appena dato in caserma. Peraltro facendoci assistere l’uno alle botte dell’altro».

Dove vi hanno picchiato?

«In caserma. Se ricordo bene in una stanza entrando nella struttura di via Pico della Mirandola subito a sinistra».

Ma avete litigato lei e tuo fratello una volta usciti dalla caserma?

«No, assolutamente, lui era arrabbiatissimo per quello che ci avevano fatto e li insultava allora io gli ho dato una semplice spinta alla spalla per farlo calmare. Ma poi i carabinieri, probabilmente stanchi degli insulti di Taissir, hanno iniziato a inseguirci sotto il tunnel della stazione che da Porta nord porta a piazza Dante e da lì ci siamo separati. Dopo un po’ di tempo ho cominciato a chiamare Taissir ma il suo cellulare suonava sempre a vuoto».

Per le percosse ricevute lei è andato al pronto soccorso?

«Si certo, ovviamente ho i referti».

Cosa pensa dei primi risultati dell’autopsia sul corpo di Taissir?

«Credo sia opportuno attendere i risultati finali. Voglio la verità. Posso però garantire che mio fratello, stava bene, era sportivo, lavorava, con aveva patologie croniche e non soffriva di cuore».

Lei viveva con Taissir?

«Si abitava con me a Ravarino. Taissir, che peraltro è cittadino italiano – ci tengo a dirlo perché lui ci teneva tantissimo che si sapesse – non era un “senza fissa dimora” come è stato più volte descritto. Dopo aver lasciato la casa di via Nicolò dell’Abate ci siamo trasferiti a Ravarino. Entrambi lavoravamo come muratori in un’azienda che ha cantieri avviati anche qui a Modena ed entrambi con un regolare contratto di lavoro. Noi non siamo dei criminali».

Da ieri ha scelto un nuovo legale, l’avvocato ferrarese Fabio Anselmo, noto in tutta la nazione perché ha condotto i casi di Federico Aldrovandi e di Stefano Cucchi. Perché questa scelta?

«Non ci sono motivazioni particolari se non la scelta di un legale che abbia esperienza in casi che per la dinamica possono essere simili al nostro. Ho fiducia in lui».l