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Il cuore di Modena corre nel Sahara: «Ambiente surreale e che gruppo»

Gabriele Farina
Il cuore di Modena corre nel Sahara: «Ambiente surreale e che gruppo»

Ester Veronesi terza nella gara organizzata in Tunisia dalla geminiana Zitoway

08 novembre 2023
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Mangiare tortellini con la panna nel Sahara.

Esclamare «La Ghirlandina c’è» ogni volta che tutti gli atleti della nostra città tagliavano il traguardo dopo aver attraversato mari di sabbia in Tunisia. Mettersi alla prova in condizioni estreme e stringere legami umani che attraversano l’Atlantico.

Una delegazione modenese ha affrontato la ventunesima “Cento chilometri del Sahara”, organizzata dalla società geminiana Zitoway.

Una gara vera e propria in cui la modenese Ester Veronesi ha vinto la medaglia di bronzo tra le donne, dopo aver ultimato le cinque tappe in programma con il tempo di undici ore, sei minuti e trentatré secondi.

«Non ero tanto carica perché avevo un problema a un piede, trattato appena quattro giorni prima – esordisce Veronesi – Il trattamento ha avuto un successo strepitoso e quindi ho potuto partecipare, nonostante mi fossi allenata poco».

L’atleta è presidente dei Black Sheeps, il gruppo che a San Faustino pratica la “Obstacle course race”, da non confondersi con la corsa a ostacoli dell’atletica leggera.

La Ocr è infatti una disciplina più estrema e raggiunge l’apice con la Spartan race, introdotta nel 2010 a Williston (Stati Uniti).

Le condizioni estreme trovate nel Sahara sono state mitigate dal campo base. «Sin dall’arrivo c’era un ambiente surreale – descrive la modenese – Non si riusciva a guardare il panorama per la forza delle raffiche di vento. Il campo era però molto bello con tende dotate di molti comfort. L’organizzazione era modenese e avevamo un cuoco carpigiano, che ci ha preparato i tortellini con la panna nel Sahara».

Il campo era stato allestito nel deserto alle pendici del monte Tembaine, a un’ottantina di chilometri dal confine tunisino con l’Algeria.

La tappa più corta era di dieci chilometri, la più lunga (nonché ultima) di trentacinque: quasi una maratona da correre nel deserto con sessantacinque chilometri sulle proprie gambe.

«Era difficile non avere molti punti di riferimento – spiega Veronesi – fino a quando non si vedeva il campo. In quel momento, pensavi: “Anche oggi è andata”. Al mio fianco correva il mio moroso, Matteo Lelli (alla fine decimo tra gli uomini). Un sacco di ragazzi hanno avuto bisogno di una flebo per la riabilitazione. Non è semplice come correre sull’asfalto».

La difficoltà ha fatto aumentare la soddisfazione. «Abbiamo visto cammelli e scorpioni – aggiunge – e vissuto momenti conviviali nel campo base. C’erano tre argentini che hanno organizzato una raccolta fondi per un ospedale locale. All’ultimo giorno tutti i partecipanti hanno firmato una maglia: c’erano una decina di persone da Modena e tanti altri dalla Sicilia, dal Veneto, dalla Svizzera e dall’Argentina. Si è creato un gruppo meraviglioso con gli atleti e gli organizzatori. Al pomeriggio dopo le tappe era impensabile stare in tenda e andavamo in una struttura rigida con una piscina piena di acqua fresca, dove ci immergevamo volentieri. L’assistenza ha funzionato bene e lungo i vari percorsi c’erano anche tanti punti di ristoro con acqua e bevande fresche».l

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