Modena, in 20 anni chiusi 2 cinema su 3: «Ma i film di qualità vincono»
Pirateria, Covid e piattaforme web hanno ridotto le sale da 20 a 7. Lanza: «I ventenni riempiono le sale se si offrono i filoni che cercano»
Modena è ancora una città appassionata di cinema? Considerando le sue dimensioni, per decenni ha avuto un elevato numero di sale: tante di prima visione ma anche di seconda, d’essay, parrocchiali o di dopolavoro. Agli inizi del millennio, erano ancora una ventina quelle attive. Oggi ne sono rimaste sette. Anche se di quel terzo sopravvissuto due sono grandi multisala (Victoria e Raffaello). Resta la malinconica constatazione della chiusura delle sale, segno non solo di un modo diverso di fruizione dei film ma anche di un cambiamento sociale nel guardarli insieme agli altri e non ultimo del riuso architettonico di quegli spazi, alcuni dei quali capolavori dell’architettura locale del ‘900. Molti furono infatti creati da Vinicio Vecchi, maestro del razionalismo italiano post bellico e anche il più prolifico progettista di sale cinematografiche in Italia. Suoi sono Olympia e Principe, per restare a due cinema al centro della cronaca per la loro recente vendita all’asta, edifici vincolati dalla Soprintendenza per il loro pregio. Ma già prima di Vecchi era in auge il cinema come spazio moderno ed elegante. Il primo cinema in città è stato il teatro Storchi (la prima proiezione risale al 1896), poco dopo ha aperto l’Eden a Palazzo Solmi, sala elegante vicino alla sala danze affrescata, nei decenni poi decaduta fino a diventare un “seconda visione”, l’Ambra, dove negli anni ’70 con un biglietto si vedevano tre film diversi a pomeriggio. Due gli esempi di bella architettura per cinema, entrambi di gusto Liberty: il Metropol in via Ghararda e l’adiacente Splendor: il primo oggi inglobato nel Tribunale (nelle sale si celebrano processi) e il secondo sede delle Poste Italiane in Centro. Sparito il Capitol in corso Canalgrande, oggi l’ex cinema è sede di una banca. Trasformati in parcheggi i due cinema porno: Odeon in piazza Matteotti e Adriano in via Selmi, resta aperto solo l’Arena in viale Tassoni ma senza le vistose locandine sexy di un tempo. Dei tradizionali cinema di prima visione, resta attivo solo l’Astra di via Rismondo con tre sale. Ce l’hanno fatta a sopravvivere i cinema d’essay: soprattutto il 7B in via Dell’Abate, accanto alla stazione, e la Sala Truffaut nel complesso Santa Chiara in vicolo degli Adelardi. Tutto il resto è in mano ai due multisala: Victoria e Raffaello. Infine, il Nuovo Scala, attivo dagli anni ’30, è crollato nei giorni scorsi dopo 12 anni di abbandono.
Per capire perché si è arrivati a chiudere tante sale, basta guardarsi indietro. Tre grandi crisi e qualche disastro hanno falcidiato un settore fiorente. I primi a chiudere sono stati quelli parrocchiali e di seconda visione già negli anni ’90. Mentre spopolavano i videonoleggi e la vendita delle cassette Vhs, non c’era più convenienza a noleggiare le pellicole già uscite. Poi è toccata alle sale maggiori, bastonate per un decennio dalla pirateria (i “film scaricati”). All’inizio del Millennio la pirateria web, inarrestabile, ha messo in ginocchio il mercato della distribuzione. La grande crisi economica dal 2008 stava intanto colpendo le sale che a Modena hanno chiuso a raffica, fino a quattro all’anno. Quelle superstiti sono state colpite dall’isolamento anti Covid: sale chiuse, proiezioni saltate, rinvio di noleggi, eccetera. E anche dopo la riapertura nel 2021 la diffidenza del pubblico ha rallentato l’afflusso alle proiezioni.
Racconta Gianluigi Lanza, critico cinematografico e attento conoscitore delle sale modenesi: «Il Covid ha dato una mazzata alle sale: ha costretto la gente a restare a casa e il pubblico ha iniziato ad abbondarsi alle piattaforme (Netflix, Prime ecc). Poi hanno avuto paura a tornare al cinema. Questa situazione oggi pare superata ma nel frattempo sta cambiando il pubblico».
Chi va al cinema oggi ?
«Possiamo dividere il pubblico in due grandi categorie. Ci sono i “boomer” e gli anziani che vanno a vedere i film di un certo tipo nelle sale tradizionali. Poi ci sono i ragazzi, adolescenti e ventenni, che vanno a vedere film di filoni che interessano a loro anche nei cinema d’essay. In mezzo, un pubblico esteso che va poco al cinema, spesso solo per il film-evento, come “Oppenheimer” o “Barbie”, oppure per i blockbuster d’azione con gli eroi Marvel o simili».
Parliamo dei più giovani.
«È stata una scoperta recente. Nei giorni scorsi alla Sala Truffaut, che è un cinema d’essay per eccellenza, hanno proiettato un film d’animazione giapponese, “Inu-Oh”. Era strapieno di ragazzi. Anche alla prima che è in lingua originale coi sottotitoli. È stato sicuramente un successo dovuto alla promozione sui social, e in questo la Truffaut è molto avanti a Modena, ma si nota un reale interesse per alcuni tipi di film».
Quindi tanta animazione?
«Non solo. I ragazzi seguono molto i cosiddetti “elevated horror”, film con una trama vera che spesso coinvolge gli adolescenti, le famiglie e le loro problematiche. Si riconoscono in queste storie».
C’è voglia di film di qualità?
«Sì, soprattutto negli ultimi mesi. Il successo delle sale d’essay lo dimostra. Al 7B danno “Anatomia di una caduta” che ha vinto la Palma d’Oro a Cannes. Ci va molta gente, in questo caso però dai 40 anni in su. Sicuramente, c’è voglia di andare nelle sale per vedere film che non si vedono sulle piattaforme. O film classici da scoprire. Un esempio recente è stato “Il cielo sopra Berlino” di Wenders. Proiettato alla Truffaut dopo il restauro alla Cineteca di Bologna, ha fatto il pieno di spettatori».
E i film blockbuster?
«Vanno sempre ma il pubblico premia quelli di qualità. Gli esempi del 2023 sono stati “Oppenheimer” e “C’è ancora domani” della Cortellesi. Riescono a trascinare in sala anche il pubblico che va poco o quasi mai al cinema, creando così il film-evento. I film di supereroi sembrano invece essere entrati in crisi». l