Gazzetta di Modena

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Le testimonianze

La ricerca. Le lavoratrici invisibili, il duro Novecento delle donne di Fiorano

Ginevramaria Bianchi
La ricerca. Le lavoratrici invisibili, il duro Novecento delle donne di Fiorano

Le storie tra campi, miniere e cure dei figli nelle case

13 novembre 2023
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Fiorano «Fin da bambina avevo molti lavori da svolgere nei campi però quello che mi prendeva più tempo era portare le pecore al pascolo; poi con la morte dei genitori sono andata a servizio».

«Svolgevo i lavori nei campi e lavoravo in una miniera di carbone».

«Io fui la prima, figlia di sei fratelli e sorelle, mio padre morì quando io avevo appena 15 anni e così fui costretta ad andare a lavorare in campagna come bracciante agricola, quello fu il mestiere di tutta la mia vita».

Le seguenti sono solo alcune delle testimonianze femminili raccolte dal giornalista Alberto Venturi, che si è occupato di documentare la propria pubblicazione “Il lavoro delle donne a Fiorano prima della ceramica. 1861/1961”, con citazioni e fotografie risalenti al secolo scorso.

Ed effettivamente, se si chiede ai fioranesi del lavoro femminile prima della ceramica, si riceve sempre la stessa risposta: fornace Carani, maglificio Cuoghi, la risaia. Quasi nessuno si ricorda delle insegnanti, delle postine, delle bottegaie, della levatrice, delle donne a servizio.

Non vengono mai menzionate nemmeno le casalinghe, di come abbiano dovuto curare la casa e i figli, ma anche molti dei lavori dei propri mariti. E poi c’erano i telai, l’allevamento dei bachi da seta, la cura degli animali da cortile, la realizzazione delle fibre per il truciolo.

Donne invisibili agli occhi dei propri contemporanei, ma visibilissime agli occhi della storia. È difficile ricostruire il ruolo femminile nella società dell’epoca: il contributo femminile era negato ed il loro lavoro non era riconosciuto a livello economico, sociale, giudiziario. La situazione permane fino a dopo la Seconda guerra mondiale, in particolare nei comuni prevalentemente agricoli come Fiorano. E allora, degli sforzi femminili sul lavoro, rimangono giusto i risultati.

Per decenni sono rimasti impolverate le testimonianze, le fatiche, le fotografie, la gratitudine. Ieri, presso il Centro Culturale via Vittorio Veneto a Fiorano, è stata presentata la pubblicazione di Venturi, che è servita anche per sottolineare il contributo della figura femminile nella società che, sopportando silenziosamente le ingiustizie del patriarcato, ha partecipato alla costruzione di una comunità. Ed è stata una costruzione faticosa, erano pagate quanto i bambini e l’istituzione ecclesiastica spingeva affinché stessero in casa, specialmente sotto il periodo del Fascismo. Maria Paola Vivi, intervistata nel 1976 da Isabella Dignatici ed Eduardo Sammartino, racconta la vita di una bambina e poi di una donna contadina.

Racconta di come la donna non potesse andare in bicicletta senza essere mal giudicata, ma potesse fare tutti i mestieri degli uomini, anche i più pesanti. Ma ovviamente percepivano un salario minore. Le condizioni di Maria Paola erano uguali per tutte le altre donne, ed è giusto che, almeno oggi, i loro sforzi vengano riconosciuti o per lo meno notati.

«È stato un onore condurre questa ricerca per me, ho dato voce a chi non l’ha avuta», conclude l’autore.