Gazzetta di Modena

Modena

Il caso trattato dal patronato Inas Cisl

Modena, pensione: ex lavoratori bloccati da cavilli burocratici

Marco Costanzini
Modena, pensione: ex lavoratori bloccati da cavilli burocratici

Ora non hanno né stipendio né assegno e la loro pratica resta bloccata

13 novembre 2023
3 MINUTI DI LETTURA





Modena Sospesi in un limbo, senza risposte da diversi mesi e, soprattutto, senza pensione.

È la vicenda dai contorni assurdi che riguarda una particolare categoria di lavoratori, quelli che si sono licenziati in epoca Covid con accordi regolamentati e che, dopo aver finito il periodo di disoccupazione, hanno raggiunto i requisti per la pensione anticipata.

Tutto ruota intorno a un dubbio interpretativo, sul quale il ministero del Lavoro non ha ancora dato risposta all’Inps e, di conseguenza, agli sfortunati lavoratori: «Queste persone – spiega Cristiano Marini, responsabile del patronato Inas Cisl di Modena – sono bloccate da ormai 7-8 mesi. Non hanno uno stipendio né una pensione. E ora si chiedono cosa fare se la situazione non si sblocca, con la paura di dover pagare contributi non preventivati per vedersi riconoscere la pensione. Si tratta di lavoratori rimasti a casa in periodo Covid, quando vigeva il blocco dei licenziamenti ma tramite accordi con aziende e sindacati si poteva risolvere consensualmente il contratto, beneficiando dell’indennità di disoccupazione Naspi. Tutte le domande sono state bloccate dall’Inps, che ha posto un quesito al ministero del Lavoro – ancora senza risposta – dicendosi non sicuro che questa tipologia di uscita dal lavoro sia compatibile con prepensionamento o Ape sociale».

Un’autentica odissea, come testimonia una lavoratrice modenese coinvolta, suo malgrado, in questo pasticcio burocratico: «Avendo i requisiti per maturare la pensione precoce – racconta – lo scorso aprile ho inoltrato domanda e me la sono vista bocciare a settembre, dopo mesi di attesa e mancate risposte. L’Inps sostiene che in periodo Covid le aziende non potevano licenziare, dunque che il mio accordo non è regolare. Peccato che, nel dicembre del 2020, io abbia firmato un contratto con l’azienda in cui lavoravo, seguita dal patronato e d’accordo con Confindustria, scegliendo di rimanere a casa e beneficiare di due anni di Naspi – cosa che non sarebbe possibile in situazioni ordinarie – prima di inoltrare la domanda per la pensione precoce. È tutto documentato: mi sono licenziata, ho usufruito della Naspi e avevo i requisiti per la pensione precoce, avendo lavorato 41 anni. Ora la pratica risulta in lavorazione, ma nessuno si fa sentire. Anche all’Inps di Modena sono sbalorditi per questa situazione, ma il ministero del Lavoro tace. Tutto questo è vergognoso».

Cosa comporti questa fase di stallo è presto detto: «Entro il 31 dicembre devo decidere cosa fare e il rischio è che la situazione non si sblocchi. A settembre ho maturato i 41 anni e 10 mesi di contributi, dunque ho diritto alla pensione, ma io voglio quella precoce perché ho i requisiti e perché altrimenti mi troverei ad affrontare una spesa ingiusta: più di 4mila euro per pagare volontariamente le 20 settimane mancanti, oltre ad essere rimasta scoperta per dieci mesi anziché cinque, visto che la pensione mi verrebbe pagata da ottobre. E senza stipendio da gennaio». l