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La sentenza

Cadde dalla finestra dell’ospedale Ramazzini di Carpi: «Ora ridia 106mila euro all’Ausl»

Carlo Gregori
Cadde dalla finestra dell’ospedale Ramazzini di Carpi: «Ora ridia 106mila euro all’Ausl»<br type="_moz" />

Fuga durante il sisma, i giudici: «Non fu spinto, fu lui a gettarsi»

18 novembre 2023
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Era all’interno dell’ospedale Ramazzini quando arrivò la grande scossa di terremoto del 28 maggio 2012. L’orologio segnava le 9.15. La seconda scarica sismica arrivò a distanza di pochi giorni peggiorando l’effetto già catastrofico della prima. Sentendo tornare il terremoto, i presenti, soprattutto i pazienti e i parenti, andarono nel panico. Iniziò un fuggifuggi sulle scale verso l’uscita. Lui si trovava vicino a una finestra bassa rispetto alle altre. Cadde oltre il davanzale e dopo un volo di nemmeno due metri, finì nel giardino riportando una frattura scomposta alla caviglia. Era salvo ma ferito ed ha dovuto subire lunghe cura e riabilitazioni. Per questi motivi, sostenendo di essere stato spinto dalla finestra da qualcuno nella folla che correva, ha poi accusato l’Ausl di non aver predisposto attenzioni che impedissero questo evento drammatico. Inizialmente ha chiesto un risarcimento danni di 211mila euro. Ne ha ottenuti 106mila.

L’Ausl ha avviato il ricorso. E ora la Corte d’Appello Civile di Bologna ha ribaltato la sentenza arrivando a ordinare all’uomo di restituire tutti i soldi all’Ausl, di pagare ingenti spese legali e anche le perizie tecniche. Il motivo è che, da un testimone ascoltato ma trascurato in primo grado a Modena, risulta che non è stato affatto spinto ma si sarebbe buttato lui stesso dalla finestra.

Il “paziente” del Ramazzini sosteneva che la causa dell’incidente era da cercare invece nella finestra dalla quale è caduto che è bassa: 70 centimetri contro i 90 minimi previsti dalla legge. Scriveva il suo avvocato nell’atto che nel 2020 ha avviato la causa: «Le persone presenti nella struttura ospedaliera si apprestavano repentinamente a raggiungere le uscite più prossime» e lui, che si trovava nei pressi di una finestra aperta, viene «spinto dalla folla verso l’apertura e perdendo l’equilibrio precipitava rovinosamente nel cortile» riportando gravi lesioni. La ricostruzione – panico, corsa all’uscita, finestra bassa, spinta e caduta esterna – era basata su due testimonianze di donne. La prima ha detto: «La gente aveva paura e qualcuno lo ha spinto giù dalla finestra»; e l’altra: «È stato spinto giù dalla finestra dalla gente che voleva uscire».

Sembra tutto chiaro. E invece, l’Ausl si accorge che non è stato considerata una terza testimonianza ben diversa da queste due: «Ci fu la famosa scossa di terremoto, sentii un boato, molte persone tentarono di scappare. Diverse persone, come lui, uscirono dalla finestra». Per il Collegio d’Appello questa testimonianza «si pone in aperto contrasto con l’ipotesi di una caduta accidentale riferita dagli altri due testimoni indicati dall’appellato; secondo questi dunque, l’uomo uscì dalla finestra di sua volontà, così come peraltro fecero in quel frangente anche altri che, anziché dirigersi, lungo i corridoi, alle uscite segnalate, preferirono lasciare il corridoio e, acceduti all’area laterale sottostante le scale, decisamente distante e arretrata rispetto al corridoio (come si vede nella foto della perizia), scavalcato il parapetto, uscirono dalla finestra la quale, come si è detto, si trovava all’altezza, dalla quota del pavimento esterno, di soli m 1,75». E in più quella finestra era sì bassa ma aera anche poco larga (54 cm, da perizia) e quindi lasciava passare una persona alla volta, «né si comprende come quelle persone sarebbero scese poi giù, subito dopo il ferito, senza finirgli addosso». Di qui la condanna a restituire il risarcimento di primo grado e a pagare spese legali e periti.